I corsi pre-accademici
Accettare una nuova logica
di Giovanni Battista Rigon
Credo dovremo abituarci un po' tutti, noi musicisti che ci
siamo formati nel conservatorio di “vecchio ordinamento”, magari frequentando
contemporaneamente un liceo classico o scientifico, ad accettare una nuova
logica dell'insegnamento della musica in Italia. Mi auguro che il nuovo percorso
liceo musicale / conservatorio superiore possa formare una generazione di
persone che conoscono e amano la musica, al di là del legame più o meno stretto
che avrà la loro professione con gli studi musicali condotti a termine.
Come non ci si aspetta che tutti i laureati in filosofia finiscano fare i
filosofi, o tutti i laureati in lettere a fare gli scrittori, credo sia
opportuno non aspettarsi che tutti i laureati del conservatorio finiscano a fare
i concertisti: credo anzi che questo sia stato il grande equivoco indotto dalla
proliferazione sconsiderata del numero dei conservatori nella seconda metà del
secolo scorso. Ad una richiesta di istruzione musicale “di base” si è risposto
non istituendo apposite scuole musicali, ma aumentando a dismisura il numero dei
conservatori, che erano invece stati concepiti inizialmente come scuole
professionali altamente selettive. Sono convinto che dobbiamo pensare ad un
percorso formativo più multidisciplinare, che punti a formare persone che
“sanno” anche di musica ma che potranno occuparsi nella vita anche di altro:
inutile far studiare per anni qualcuno otto ore al giorno su uno strumento, a
scapito della sua preparazione complessiva e della sua cultura, quando non ha
sufficiente talento per inserirsi nel mondo del lavoro (e di lavoro ce n'è
sempre meno, particolarmente in Italia, proprio perché manca il pubblico colto).
Evidente che dovranno essere salvaguardati anche percorsi “di eccellenza” per
gli studenti più dotati, ma non credo sarà un problema, sono percorsi che già
esistevano, vanno solo aggiornati nei repertori e nelle metodologie didattiche.
Perciò mi pare evidente che le due realtà (percorso
pre-accademico del conservatorio e liceo musicale) debbano essere poste in
relazione, dato che preparano entrambe lo studente alla fascia superiore degli
studi musicali. Se il numero dei licei musicali fosse alla fine sufficiente a
coprire l'intero territorio nazionale, forse si potrebbe pensare – a mio modesto
avviso – a dare ai corsi pre-accademici del conservatorio un taglio più
“professionale”, per esempio più “spinto” sul lato della preparazione
strumentale. Se invece, come mi sembra, il numero dei licei musicali fosse
decisamente inferiore, è evidente che i conservatori, diffusi quasi
capillarmente in tutta la nazione, dovranno integrare la carenza di istruzione
musicale pre-accademica.
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Come dunque rinnovare il percorso pre-accademico dei
conservatori. Credo sia necessario aggiornare i programmi, non solo – ovviamente
– per inserirvi brani significativi entrati nel repertorio di ogni singolo
strumento negli anni più recenti, ma per “rimodellare” fin dai primi anni di
studio la figura stessa del musicista, come intendiamo debba essere formato.
In questo senso ritengo necessario dare molto più peso alla formazione culturale
del musicista, fin dall'inizio degli studi, per renderne più consapevole
l'approccio alla musica. In particolare, credo sia necessario far conoscere il
grande repertorio della musica classica operistica, sinfonica, solistica, da
camera anche attraverso un congruo numero di ore di “guida all'ascolto”. Mi pare
infatti che allo studente di oggi manchi del tutto il background culturale che
poteva essere dato per scontato come bagaglio culturale familiare – almeno se ci
riferiamo ai ceti sociali più “fortunati” – nell'Italia del 1930.
Credo sia importante ridefinire radicalmente il repertorio da affrontare nel
corso degli studi, inserendo - come dicevo sopra - brani significativi composti
negli ultimi 70 anni. Naturalmente i programmi andrebbero anche alleggeriti di
altri brani che non risultano più così necessari alla formazione complessiva
dello strumentista, alla luce dell'allargamento del repertorio. Anche la
letteratura prettamente didattica andrebbe aggiornata e resa più accattivante
specialmente per il giovane studente, sostituendo metodi risalenti magari
all'ottocento con metodi più recenti. Credo sarebbe interessante poi rendere
consapevole lo studente – anche se forse non dai primissimi anni – di un
approccio “storicizzato” al repertorio del suo strumento, facendogli conoscere e
“praticare” anche prassi e strumenti relative ai vari periodi storici: per
esempio uno studente di pianoforte dovrebbe poter conoscere e praticare il
repertorio antico sul clavicembalo e sull'organo, uno di violino entrare in
contatto con le norme della prassi esecutiva preromantica.
Quanto all’ipotesi di una progettazione totalmente autonoma dei percorsi
pre-accademici da parte delle singole istituzioni, personalmente ritengo che,
pur lasciando margini di iniziativa alle diverse istituzioni, sarebbe necessaria
una parte “ministeriale” del programma, che possa dare un senso a livello
nazionale, meglio ancora europeo, alla figura del musicista che andiamo a
formare. Credo sia necessario evitare che ad uno stesso titolo corrispondano
nella sostanza abilità e conoscenze diverse, solo perché rilasciato da
istituzioni di città diverse nel territorio nazionale. Questo sia per rendere in
qualche modo omogenea la formazione del “musicista tipo” europeo, sia per
rendere più semplici eventuali cambi di sede da parte dello studente.
Fatta salva dunque una zona di programma “obbligatoria” a livello nazionale,
meglio se in armonia con i programmi di altre nazioni europee, credo che ogni
istituzione possa dare spazio a programmi specifici, magari legati a compositori
o strumenti caratteristici del proprio territorio o della propria tradizione
culturale. Ogni istituzione potrebbe nominare al suo interno una commissione che
si occupi di modellare quella parte di programma lasciata alla libertà del
singolo conservatorio.
Diploma in pianoforte con il massimo dei voti e la lode, studi con Canino e
Demus (pianoforte), De Rosa e F. Rossi (musica da camera). I° premio a Parigi
(Roussel) e Firenze (Gui). Pianista del Trio Italiano per 15 anni, con concerti
per le principali istituzioni italiane e all'estero, incisione (Arts) integrali
di Beethoven, Schubert, Schumann. Dal 2003 si dedica solo alla direzione
d'orchestra: inaugura due volte Martina Franca, con prime riprese de I
Giuochi di Agrigento (Paisiello) e de Il re pastore
(Piccinni). Fonda le Settimane Musicali di Vicenza, nel cui ambito dirige
versioni inedite de L'italiana in Algeri, de Il barbiere di Siviglia,
de Il turco in Italia. Il Corriere della sera lo definisce “uno dei
migliori direttori rossiniani su piazza, artefice di un suono agile e grintoso,
che non stanca”.
Insegna musica da camera al
conservatorio di Venezia. A gennaio 2011 debutterà - come direttore d'opera -
al San Carlo di Napoli.
(dicembre 2010)
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