I corsi pre-accademici
Intervista a Bruno Carioti
presidente della Conferenza dei direttori dei Conservatori
di Sergio Lattes
Come stanno le cose sui
pre-accademici?
C'è stato un certo ritardo nell'emanazione dei regolamenti didattici delle
singole istituzioni. Il DPR 212 dice, nelle norme transitorie, che
all'emanazione del regolamento didattico d'istituto non solo entra in funzione
il nuovo ordinamento, ma anche vengono a decadere le vecchie norme del Testo
Unico che prevedono le licenze, gli esami di compimento, insomma l'ordinamento
previgente fin dal suo inizio. In mancanza del regolamento didattico, di fatto
restava in vigore il vecchio ordinamento. Ora le istituzioni hanno recepito le
osservazioni ministeriali sulle bozze di regolamenti, e sono ciascuna in attesa
del suo, approvato.
Nel momento in cui arriva l'approvazione, il direttore dell'istituzione decreta
il nuovo regolamento, e in quel momento entra in vigore il nuovo ordinamento
(con le procedure conseguenti, come le possibilità per gli studenti di
transitare dal vecchio al nuovo), e l'ordinamento previgente cessa di esistere,
ossia va ad esaurimento.
E contestualmente entrano in funzione i nuovi corsi pre-accademici?
Sì. Ci siamo dovuti
porre, come istituzioni, un problema non da poco, e spiace che non se lo sia
posto il Ministro. Con il vecchio ordinamento viene a cadere anche tutta la
fascia pre-accademica del vecchio sistema (inferiore, media). Dovevamo pensare
di lasciare una intera generazione senza la formazione di base? Non è certo il
Liceo musicale, così com'è stato attuato - e personalmente ho forti riserve, ma
ne parleremo un'altra volta - che può soddisfare la richiesta di formazione
musicale di base: bene o male, vi provvedono i Conservatori. E continueranno
necessariamente a farlo, appunto attraverso i nuovi corsi pre-accademici.
Questo non toglie che nel delineare questi nuovi corsi si sia tenuto conto
giustamente della struttura del nuovo Liceo. Fra 5 anni nei Conservatori
arriveranno dal Liceo i primi studenti, e le loro competenze saranno articolate
sulle note cinque aree disciplinari. Non possiamo trovarci con delle disparità
formative sostanziali fra studenti provenienti dai pre-accademici del
Conservatorio e studenti provenienti dal Liceo musicale. Ecco che quindi abbiamo
dato alle istituzioni delle linee-guida (orientative e non vincolanti) in cui
gli studi pre-accademici sono organizzati su 3 livelli, secondo le medesime aree
disciplinari.
E gli studenti che si sono
iscritti quest'anno?
Dovranno esercitare
l'opzione per transitare nel nuovo. Fino all'emanazione del regolamento
didattico d'istituto il vecchio ordinamento è in vigore, e il diritto dello
studente a restarci è tutelato dalla legge.
Anche per i corsi
superiori/alta formazione?
Per conto mio sì. Io
farò così.
Vorrei ora passare dagli
aspetti istituzionali a quelli di sostanza. Nel momento di mettere mano a tutto
l'assetto degli studi, dall'inizio fino all'accesso all'alta formazione, a tuo
avviso ci sono nei Conservatori le risorse intellettuali per andare a una
revisione sostanziale del modello del 1930, o si tratterà per lo più di
modifiche di facciata e di denominazione, che non cambieranno la sostanza delle
cose?
Dipenderà molto dalle singole situazioni. Non ci sono programmi
centralizzati, nè tantomeno si possono imporre metodologie didattiche. Tutto
dipenderà dalla voglia (e dalla capacità) di mettersi in discussione da parte
delle singole istituzioni e dei singoli docenti.
In prima linea, in questo senso, saranno i docenti
di Teoria e Solfeggio (oggi Teoria, Ritmica e percezione), che si trovano ad
avere a che fare con stili e abitudini consolidate da decenni. Ma la possibilità
di revisione riguarda anche lo strumento, anche Armonia, Storia della musica,
eccetera. Sicuramente, da questo punto di vista, saranno avvantaggiati i
Conservatori, magari minori, dove ci sono docenti più giovani e con una più
lunga prospettiva di carriera davanti a sé.
Assisteremo dunque a una riscossa dei Conservatori "periferici"?
Penso che sia già così. Nelle sedi "minori" ci sono molti giovani, magari
non ancora in ruolo, e lì c'è maggiore fermento sulla didattica e sulle
metodologie, ma spesso anche sulla produzione artistica.
A proposito della didattica,
c'è da colmare un ritardo storico:
l'ordinamento del '30 era stato fatto da Casella, che era musicista colto e di
formazione internazionale. Ma l'Italia di quegli anni in sostanza non era ancora
venuta a contatto con la grande pedagogia musicale del Novecento...
Vero. Ma, ripeto, non ci sono vincoli centrali e perciò tutto dipenderà
dalle singole istituzioni e dai singoli docenti.
Vorrei richiamare alcuni "nodi" che potrebbero essere sciolti. Per esempio
l'idea, tipica del vecchio ordinamento, che la musica d'insieme sia da fare solo
nella parte alta del curricolo. L'esperienza, e anche la mia personale, mi fa
ritenere che il mettersi in relazione anche musicale con gli altri abbia un
elevato valore formativo fin dai primi anni di studio.
A questo aggiungerei l'ambito dell'improvvisazione, che nei Conservatori è
completamente trascurato e ha un formidabile valore formativo.
Ma chi insegnerà queste discipline, o queste
pratiche, più innovative o meno familiari?
La domanda riguarda anche le discipline "tradizionali". Per esempio tutto
quello che attiene alle metodologie dell'insegnamento di base, della grammatica
musicale, occorre personale estremamente preparato. Penso che bisogna immaginare
un processo, e sarà un processo molto lungo, di formazione/adeguamento
delle competenze docenti. Le istituzioni avranno molto da fare per creare
situazioni di contaminazione e di contatto fra metodologie, fra docenti della
stessa e di altre istituzioni, insomma di aggiornamento in senso lato. E in
questa transizione ci sarà chi sarà meno disposto a cambiare, e chi magari
facendo più fatica riuscirà a innovare.
Questo argomento richiama la questione della
"solitudine" culturale e professionale del docente di Conservatorio. Al
contrario del docente universitario, che è inserito in una rete di relazioni che
vanno da quelle più specificamente disciplinari e quelle accademiche, il nostro
docente dispone di pochi strumenti - luoghi di discussione e di elaborazione di
idee, riviste specializzate, associazioni professionali - per stare in relazione
con gli altri e coltivarsi: è come lasciato a se stesso e alla sua capacità di
far da sé.
Su
questo tema, io faccio molto affidamento sull'internazionalizzazione. Per
esempio l'Associazione Europea dei Conservatori offre - a parte l'attività sulle
relazioni Erasmus - una serie di appuntamenti annuali su ambiti specifici (la
didattica della musica, il jazz e altri), che sono luoghi d'incontro e di
scambio preziosi. Naturalmente bisogna fare i conti con una certa resistenza
delle istituzioni stesse a mandare in giro per l'Europa i propri docenti: siamo
troppo abituati a considerarci torri d'avorio, sicuri della nostra superiorità,
e a non confrontarci con gli altri fuori dai confini. Quanti Conservatori prima
di 5 o 6 anni fa avevano rapporti internazionali? Pochissimi. Adesso con la
spinta dell'Europa stiamo imparando a confrontarci, beninteso con i nostri
limiti ma anche con i nostri pregi, che non dobbiamo sottovalutare. Il nostro
gap sulle strutture è drammatico, ma sulla qualità degli studenti non
dobbiamo avere alcun senso d'inferiorità.
In definitiva penso che, fatta la riforma intesa come contenitore, ora dobbiamo
mettere in moto un grande processo di aggiornamento culturale. Come dicevo
prima, le istituzioni devono promuovere la circolazione delle nuove idee sulla
didattica, e sulle sue metodologie. Non penso ai "corsi di aggiornamento" di
antica memoria, ma certamente a momenti di discussione e di confronto, incontri,
seminari, anche fra docenti della medesima disciplina, che vanno promossi e
organizzati. Ne parlerò presto con la Direzione generale.
L'intendimento di promuovere la circolazione delle idee è lo stesso che ha
fatto nascere e fa vivere questo sito...
Del quale apprezzo anche il nome, al di là della questione del solfeggio
parlato (che peraltro la maggioranza dell'umanità non fa). Ma è una giusta
provocazione per dire che per arrivare all'obiettivo di fare musica non c'è una
strada sola.
(dicembre 2010)
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COMMENTI
Ma la formazione pre-accademica c'è sempre stata: si arrivava in
conservatorio già in grado di suonare/cantare, altrimenti non trovavi posto
alle ammissioni; dunque, la si esperiva altrove. Il Liceo non può certo
bastare: occorrerebbero non solo le medie, ma addirittura le elementari (se
non le scuole d'infanzia) ad indirizzo musicale!
Per quanto riguarda, poi, il bisogno di
cambiamento, di personale "estremamente preparato", non credo che
"l'internazionalizzazione" possa risolvere il problema: occorre personale
preparato, appunto, dunque che abbia frequentato appositi corsi. Se non li
si vuole "d'aggiornamento", si inventi dell'altro. Certo è che la
preparazione la si ottiene studiando, e frequentando contesti di formazione
adeguati.
Grazie.
Francesco Gatta
docente di Pedagogia musicale presso il
Conservatorio "G. Verdi" di Milano.
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