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ASSOCIAZIONE PER L'ABOLIZIONE DEL SOLFEGGIO PARLATO

DIDATTICA/ESPERIENZE

sei in: DIDATTICA>ESPERIENZE>DISLESSICI IN CONSERVATORIO


La nota ministeriale dell'11 maggio 2011 acquisisce e ratifica una lunga e complessa esperienza sugli allievi dislessici condotta nel Conservatorio di Milano da Matilde Bufano, che ha redatto il documento poi fatto proprio dall'istituto milanese, approvato dal Cnam e ratificato dalla Direzione generale. Si tratta della prima codifica, per i Conservatori italiani, delle prove di strumento e delle altre materie musicali per gli allievi dislessici.

Matilde Bufano riassume qui questa esperienza. Ha insegnato Teoria e solfeggio nei Conservatori dal 1978 e a Milano dal 1991. Nel liceo sperimentale annesso all'istituto milanese ha insegnato Teoria e analisi dal 1999 al 2004. La sua attività con gli allievi dislessici è iniziata nel  2000 ed è proseguita, per decisione del Conservatorio milanese, anche dopo il suo pensionamento.
Ha tradotto in italiano Ascolto strutturale di Felix Salzer (LIM), L'arte dell'esecuzione di Heinrich Schenker (Rugginenti), Musica e dilessia di Miles e Westcombe (Rugginenti). Sono in corso di pubblicazione le sue traduzioni di Sheila Oglethorpe, Instrumental music for dyslexics e di Frédéric Chopin, Esquisses pour une méthode de piano.
 

Dislessici in Conservatorio

di Matilde Bufano

 

Cominciai a prendere coscienza della dislessia più di dieci anni fa quando in Conservatorio a Milano nella mia classe si presentò una nuova allieva di 11 anni – la chiameremo Cristina – accompagnata dalla madre, che mi disse: “Mia figlia, che frequenta la scuola con un discreto profitto, ha difficoltà nella lettura e non riusciamo a comprenderne il motivo. Quanto alla musica, l’insegnante privata che segue Cristina da circa un anno, sostiene con una certa irritazione che lei suona con facilità, ma non riesce a fare il solfeggio, probabilmente perché non le piace”.

Quando Cristina cominciò a frequentare le mie lezioni di solfeggio, notai anch’io che c’era una discrepanza fra le sue abilità ritmiche e percettive e un blocco totale sia davanti alla pagina di solfeggio parlato, sia davanti a un gruppo di 3-4 note da cantare a prima vista. Man mano che passavano i mesi, mi rendevo conto che per Cristina era impossibile nominare le note, cioè associare ogni nota al proprio nome, specie a una certa velocità: era questo il vero motivo per il quale non riusciva a fare il solfeggio parlato! Ma le difficoltà di Cristina erano anche altre: tempo dopo scoprii che avrei dovuto attribuirle alla sua scarsa memoria a breve termine. Per esempio, non ricordava le alterazioni in chiave delle scale, il nome degli intervalli, la serie dei diesis e dei bemolli e gli argomenti di teoria in generale, mentre suonava perfettamente una scala maggiore o minore se stando davanti al pianoforte, le chiedevo: “Suona la scala minore armonica partendo dal Re”. Riguardo al ritmo, bisognava ripeterle diverse volte e per alcune lezioni le figurazioni nuove, ma una volta che le aveva imparate, non le dimenticava più.

Nessuno mi aveva detto che Cristina era dislessica. Io non sapevo nemmeno che cosa fosse la dislessia e lavorando insieme a lei cercavo solo di capire che cosa fosse meglio fare per assecondare, sfruttare e fare emergere le sue qualità musicali. Purtroppo non mi fu possibile promuoverla.

L’anno dopo arrivò un nuovo allievo accompagnato dalla madre che mi parlò immediatamente della dislessia del figlio. Nell’ascoltarla ritrovavo Cristina con tutte le sue difficoltà scolastiche e musicali. Ecco che cosa aveva Cristina! Era dislessica!

Per me si era aperto un nuovo orizzonte. Cominciai a leggere tutto ciò che potevo su questo disturbo, non mancavano libri e articoli, anche sul web, che lo illustravano nelle sue infinite forme e particolarità. Ma riguardo alle difficoltà che incontra un dislessico che studia la musica, non trovavo assolutamente nulla: né articoli, né cenni di ricerche presso le università italiane, né informazioni presso gli specialisti miei amici. In qualche città italiana per i bambini dislessici si tenevano dei corsi di musicoterapia, ma questo a me non serviva. Il mio compito era quello di impartire un insegnamento professionale e, poiché su questo argomento in Italia c’era il vuoto assoluto, cominciai a documentarmi su esperienze fatte all’estero. Ma devo ammettere che ho impiegato diverso tempo per comprendere a fondo il problema in tutti i suoi risvolti, peraltro numerosi. Per esempio:

1.      come si affronta lo stato d’animo dell’allievo;

2.      come comportarsi nel presentare gli argomenti nuovi e come interrogare questo tipo di alunno, in genere piuttosto sensibile e introverso; 

3.      come progettare la lezione e come verificare i risultati;

4.      quale metodo mettere in atto per affrontare il setticlavio, la storia della musica, l’armonia, l’acustica.

Dopo 3 anni, durante i quali mi sono arrivati altri allievi dislessici (due dei quali poi andati via perché non realmente interessati allo studio dello strumento), un giorno si è presentata in classe un’allieva nuova con la madre che mi ha letteralmente messo in mano la diagnosi - dislessia severa, disortografia severa, discalculia media - della figlia, insieme a un libro che mi ha consegnato nella speranza che io lo traducessi e che trovassi un editore disposto a pubblicarlo. Il libro era Music & Dyslexia: Opening New Doors, poi tradotto da me come Musica e dislessia, Aprire nuove porte, di Miles & Westcombe, Ed. Rugginenti, Milano 2008.

Man mano che procedevo con la traduzione (alla quale ha collaborato Manuela Daverio – Proficiency Diploma, con numerose esperienze di dislessia in campo scolastico), comprendevo sempre meglio le numerose difficoltà che un dislessico può incontrare. Queste difficoltà non riguardavano lo studio dello strumento, ma il gruppo delle materie cosiddette complementari: solfeggio, armonia complementare, teoria e analisi e acustica, e storia della musica.

I direttori che si sono avvicendati in Conservatorio, visti i buoni risultati, le necessità degli allievi e le richieste dei genitori spesso disperati, mi hanno dato fiducia e spazi per proseguire questa sperimentazione, che d’altronde era ed è tuttora indispensabile per il proseguimento degli studi degli allievi dislessici.

Dopo diversi anni di osservazione, di prove e di studio su ciò che era stato fatto in altri Paesi, in particolare in Gran Bretagna, nella sessione estiva dell’anno 2005-2006 due allievi dislessici hanno ottenuto la licenza di solfeggio sostenendo un nuovo tipo di esame che avevo illustrato in un progetto, approvato all’unanimità dagli insegnanti di Teoria e Solfeggio e dal direttore.

Negli anni successivi ho seguito questi allievi insieme ad altri preparandoli alla licenza di storia della musica, di acustica e di armonia complementare. Attualmente delle due allieve del liceo musicale annesso al Conservatorio, una affronterà nei prossimi giorni la seconda prova scritta degli esami di stato, il corale a quattro voci.

In questa sede sarebbe troppo complicato spiegare ed elencare tutti gli accorgimenti da prendere per affrontare queste materie, ciascuna con le sue peculiarità per ciascun dislessico con le sue particolarità. Ma posso senz’altro dare qualche indicazione su come si sono svolte, e si svolgono tuttora, le lezioni e sul materiale che utilizzo e, cosa della massima importanza, sull’accoglienza che riservo a un allievo dislessico.

 ******

Il dislessico quando arriva in Conservatorio sta affrontando i lunghi e difficili anni dell’accettazione del suo disturbo e delle sue conseguenze. Quasi sempre a scuola ha avuto delle esperienze poco felici e, se è veramente interessato allo studio della musica, spera di trovare nell’insegnante di musica quel conforto e quella comprensione che la scuola molto spesso non ha saputo dargli, influenzando molto negativamente la sua autostima.

Per questa ragione è importante che l’insegnante accolga l’allievo tenendo presente che è un individuo ferito nell’anima, molto spesso profondamente ferito. E’ assolutamente sconsigliabile qualunque accenno di velata pietà o di commiserazione, in quanto ciò mortificherebbe l’allievo al primo incontro con conseguenze negative sul suo rapporto con il docente. Un atteggiamento di serenità, di fiducia e di collaborazione è quello che ci vuole per incoraggiare l’allievo, il quale deve percepire che l’insegnante è sempre dalla sua parte.

Altro aspetto importante da considerare è che i sintomi della dislessia sono tanti e fra due dislessici il numero dei sintomi simili è generalmente inferiore al numero dei sintomi differenti. Di conseguenza è assolutamente necessario che l’insegnante per alcune lezioni si limiti a osservare l’alunno, evitando di imporre la propria didattica. 

Per quanto mi riguarda, poiché il dislessico in genere fa molta fatica a seguire qualsivoglia spiegazione e si stanca con molta facilità, le mie lezioni sono sempre state individuali, salvo che durante il solfeggio cantato e il dettato melodico. In queste attività i dislessici sono stati quasi sempre insieme anche a compagni non dislessici. I testi utilizzati per il solfeggio sono gli stessi usati dai compagni di corso, solo che il dislessico esegue il solfeggio parlato con il tà-tà, quello cantato con il nome delle note e trascrive il setticlavio in chiave di violino. Viceversa la teoria musicale, sia per il solfeggio sia per l’armonia, l’ho riscritta al computer con un programma di scrittura musicale cercando di essere più chiara e sintetica possibile e limitando l’uso delle parole.

Riguardo alla musica scritta (armonia, corale, analisi), sulla formazione degli accordi e dei rivolti, faccio lezione davanti alla tastiera. I bassi devono essere svolti per un bel po’ su 3 pentagrammi (due per il basso). Sull’ultimo pentagramma l’allievo scrive gli accordi allo stato fondamentale ed eventualmente altri appunti; bisogna, inoltre, accertarsi che non gli sfugga la tonalità e che si ricordi quale grado della tonalità sta armonizzando o analizzando.

Uso sempre i colori: la sensibile di solito è colorata in rosso; la settima in blu, la 5 diminuita in verde. Questa pratica è particolarmente necessaria per gli allievi con scarsa coordinazione binoculare, i quali molto spesso hanno anche bisogno di fotocopie del pentagramma ingrandito. Nei bassi modulanti l’allievo deve scrivere sempre le tonalità vicine all’inizio di ogni basso.

Per quanto riguarda la storia della musica e l’acustica, ho riscritto a mappe queste due materie eliminando il più possibile i numeri. Gli allievi inseriscono nel computer i file che io preparo e studiano ascoltandoli con un programma tipo CARLO che glieli legge. Quando è possibile, è opportuno arricchire le mappe di Storia e di Acustica con disegni e foto. Alcuni allievi, se sono portati per il disegno, fanno delle mappe che sono dei veri capolavori per le immagini e per i colori che vi inseriscono. Lo studio della storia della musica deve essere accompagnato dagli opportuni ascolti, ove possibile con l’ausilio degli spartiti e – importantissimo – di DVD poiché le immagini per un dislessico sono un ausilio fondamentale.

Ecco in sintesi la mia esperienza. E’ un’esperienza che è appena cominciata e spero vivamente che altri docenti vi si dedichino con passione, confortati anche dalle ricerche condotte in molti laboratori delle Università di tutto il mondo che hanno stabilito l’efficacia indiscutibile dello studio della musica sulla lettura del testo, sul calcolo, sul ragionamento e sulla memoria a breve termine. 

giugno 2011

La nota della Direzione Generale Afam
per gli esami degli studenti dislessici

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