Nell'ampia eco suscitata sulla
stampa dalla scomparsa di Fernanda Pivano - 18 agosto 2009 - è mancato un
piccolo elemento, certamente secondario nella sua formidabile biografia, ma
importante per noi: è stata per anni una docente del Conservatorio di Milano.
Forse un necrologio dell'istituto avrebbe contruibuto a far presente
questo aspetto poco noto della sua attività. Leonardo Leonardi, apprezzato
docente di pianoforte del Conservatorio milanese, da poco tempo in pensione, ne
traccia qui un breve ricordo dal particolare punto di vista di un (allora)
allievo.
FERNANDA PIVANO, DOCENTE DI
CONSERVATORIO
di Leonardo Leonardi
A tutto
quello che è stato detto e scritto su Fernanda Pivano in occasione della sua
scomparsa, vorrei aggiungere una piccola testimonianza personale legata al
Conservatorio.
Quando,
nei primi anni ’60, ero iscritto alla classe di composizione presso il nostro
Conservatorio, era anche obbligatoria la frequenza ad un corso annuale di
letteratura italiana. Il docente del corso era nientemeno che Salvatore
Quasimodo, il poeta che proprio in quegli anni fu insignito del premio Nobel per
la letteratura. L’assegnazione del prestigioso premio e gli impegni che ne
seguirono costrinsero Quasimodo ad assentarsi per alcuni periodi dalle lezioni
e, come “supplente”, la classe fu affidata a Fernanda Pivano che già insegnava
in Conservatorio ma, credo, letteratura italiana agli studenti stranieri,
soprattutto cantanti. Quindi, sia pur occasionalmente e per breve periodo, sono
stato studente di Fernanda Pivano.
Da
allora molto tempo è passato, ma ho ancora ben presente il ricordo delle sue
lezioni, e ancor più della sua persona, sorridente, dolcissima, disponibile, con
una carica di umanità che trasmetteva nel modo più semplice e spontaneo. Così
come mi è rimasto vivo nella memoria il contrasto fra la distaccata freddezza di
Quasimodo (forse si riteneva un po’ “sprecato” con degli allievi certamente più
interessati alla musica che alla letteratura) e la cordialità, la confidenza che
immediatamente la Pivano aveva stabilito con noi studenti. Snobismo o
affettazione erano lontanissimi dal suo modo di porsi e, a differenza di
Quasimodo, non faceva sentire su di noi il peso del suo valore. Valore di cui,
allora, forse non ci rendevamo del tutto conto. Dava del “lei” a noi studenti
poco più che ventenni: c’era, l’ho detto, confidenza ma anche rispetto e
chiarezza di ruoli. Questo non le impediva di farsi sentire umanamente vicina,
come una persona con la quale, all’occasione, potevi aprirti e avere ascolto.
Negli
anni successivi, e poi quando anch’io sono entrato in Conservatorio come
insegnante, mi è capitato spesso di incontrarla nei corridoi della scuola,
sempre sorridente, sempre vestita in un modo che a me sembrava un po’
trasandato, ma che forse era solo un po’ eccentrico e fuori dagli schemi ma, lo
dico con rammarico, non ho più avuto occasione di approfondire la sua
conoscenza.
In
fondo, si può dire che Fernanda Pivano sia passata e abbia lavorato per lunghi
anni nel nostro Istituto con leggerezza, in punta di piedi, senza nessuna forma
di esibizione, anzi quasi nascondendosi e, forse anche per questo, senza che la
sua personalità sia stata apprezzata e valorizzata nella giusta misura. Ma a me,
anche se sono trascorsi tanti anni, il suo ricordo risveglia un sincero
sentimento di affettuosa simpatia. |