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La
didattica della musica è presente dal 2007 nell’alta formazione a livello di Biennio, nelle due
specializzazioni di Didattica delle musica e di Didattica dello strumento,
peraltro soggette di anno in anno ad autorizzazione ministeriale. Il
triennio di Didattica nell’ordinamento è dunque un
elemento completamente nuovo nel panorama della riforma. Non è differenziato
come il Biennio, ma comprende fra le materie caratterizzanti lo strumento (o il
canto) e la relativa Metodologia dell’insegnamento. Sarà dunque
un’alternativa concreta, per gli studenti strumentisti, al corso stesso di
strumento
fin dall'ingresso nell'alta formazione, per esempio
dopo il settimo anno per gli strumenti a corso decennale.
Ma qual è il ruolo formativo attribuibile alla formazione didattico-musicale di
I livello? Il dibattito ha tenuto impegnato per molto tempo alcuni docenti di
Didattica (in particolare i Docenti di Didattica della Musica - Gruppo
Operativo, alias DDM-GO). Su questi temi Roberto Neulichedl ci ha inviato il
contributo che segue.
La
didattica della musica e il triennio
di
Roberto Neulichedl
Docente di
Pedagogia musicale, Conservatorio "A. Vivaldi" di Alessandria.
Presidente nazionale della SIEM
e membro del
Comitato Ministeriale per l'Apprendimento Pratico della Musica
Nelle
more....della Didattica (atto primo)
Per comprendere l'ordine del problema è opportuno cercare
di contestualizzarlo, prestando attenzione a quanto sino ad ora
largamente dibattuto e avendo presente che la questione - in ottica
generale di sistema - ha origine con legge 508/99, ovvero a seguito
dell'avvio del processo di riforma che ha interessato l'intero settore
degli studi artistico-musicali. Con l'avvio delle prime sperimentazioni
autorizzate dal MIUR, a partire dall'a.a 2000/01 (ossia all'indomani
dell'approvazione della legge 508) l'allora Scuola di Didattica della
Musica (di seguito SDM) si dovette misurare con varie
possibili ipotesi di riorganizzazione (riarticolazione e segmentazione)
dei propri percorsi di studi di durata allora quadriennale, ai quali si
poteva accedere con un diploma di strumento o con un compimento di 8°
anno per i corsi di durata decennale. È in quel momento che il dibattito
si aprì, con l'esigenza di dare risposta a due precisi domande:
a)
quale potesse essere la durata ideale dei nuovi corsi;
b)
a
quale livello di maturazione degli studi si dovesse collocare un
indirizzo specialistico di tipo espressamente didattico.
Questi due aspetti andavano a toccare altre questioni
facenti capo a problemi di diversa natura. Da un lato si comprendeva
infatti che vi erano problemi di ordine "ingegneristico-didattico" (che
interessavano il come organizzare concretamente i nuovi percorsi,
dove collocarli, come "quantificarne" l'impegno di studio ecc.).
Dall'altro lato vi erano tutte le problematiche più squisitamente
formativo-didattiche, interessate a meglio comprendere quando e
perché uno studente dovesse desiderare di intraprendere una
specifica formazione volta alla professione dell'insegnamento. Dunque,
se da un lato si trattava di analizzare il nuovo quadro ordinamentale
cercando di coglierne pregi e difetti, dall'altro si imponeva una
riflessione assai approfondita sul possibile futuro ruolo formativo nel
campo didattico: in rapporto non solo a ciò che, in termini un po'
grezzi, viene definito il "mercato del lavoro" (sbocchi professionali
ecc.), bensì anche in rapporto alla società e alle sue istanze culturali
ed educativo/formative. È dunque nel solco di questa vasta riflessione
che si è venuta sviluppando l'idea (abbastanza precisa, seppur tra molti
dubbi) circa il "senso" attribuibile, o meno, ad una formazione
didattica di I livello degli studi.
La discussione ruotava di fatto intorno ad almeno tre
posizioni in campo:
o
quella di coloro che vedevano molto favorevolmente una
formazione didattica "lunga" (basata su un 3 + 2)
o
quella di coloro che, per contro, consideravano
auspicabile una contrazione dell'allora quadriennio in un triennio, il
quale però si sarebbe dovuto idealmente collocare al II livello degli
studi (una specie di "+ 3" sganciato e indipendente dal triennio che lo
precedeva)
o
quella, infine, di chi avrebbe visto di buon occhio la possibilità di
attivare una "curvatura" didattica nei trienni (dunque nel I livello
degli studi) realizzabile con l'inserimento di un certo numero di
appositi CFA nei piani di studio, a cui sarebbe poi seguito il semplice
"+ 2", sfruttando al meglio l'elasticità concessa dal sistema dei
crediti ed evitando, quindi, il rischio di un loro uso impropriamente
ingessato.
Ciò che risultava comunque abbastanza chiaro era che, in
ogni caso, una formazione "compressa" in un biennio era ritenuta da
tutti assai problematica: soprattutto per l'acquisizione delle
competenze facenti capo a discipline pratico/teoriche (Pratica della
lettura vocale e pianistica, Elementi di composizione ecc.)
che, per forza di cose, necessitano una maturazione graduale e ben
diluita nel tempo.
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Dalla "preistoria" della didattica alla
508: verso il nuovo sistema tra "nostalgici" e "modernisti" |
In questa riflessione entravano però in gioco due
ulteriori elementi perturbatori con il quali le SDM (e
conseguentemente il sistema tutto) dovevano necessariamente fare i
conti:
1)
l'attivazione, dal '99, delle SSIS (ossia le Scuole di
Specializzazione per l'Insegnamento nelle scuole Secondarie);
2)
la
creazione della nuova classe di concorso A077 per l'insegnamento
dello strumento musicale nelle Scuole Medie ad Indirizzo Musicale
(SMIM) ricondotte ad ordinamento in quello stesso periodo.
Con
la nascita dei nuovo percorsi abilitanti aventi valore di esame di Stato
(che sostituivano tout court le precedenti modalità concorsuali
per l'accesso all'insegnamento) si apriva un enorme contenzioso sulle
prerogative formative abilitanti che la legge attribuiva inizialmente in
via esclusiva all'Università. Verso la fine del 2002, finalmente, dopo
una strenua battaglia condotta nell'interesse generale dell'intero
settore, ma in totale solitudine (cioè nel disinteresse quasi totale dei
colleghi delle altre Scuole nei Conservatori, i quali non avevano
probabilmente colto l'importanza della partita in atto), le SDM
riuscivano ad ottenere un correttivo legislativo con il quale veniva
riconosciuto il valore abilitante al titolo rilasciato per la le classi
di concorso A031/A032: insegnamento di educazione musicale (ora
musica) nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
Questo risultato ha in modo molto concreto sancito un
principio di parità di dignità formativa tra AFAM e Università che non
interessava solo le SDM, ma il sistema tutto. Peccato che questo
passaggio cruciale non sia stato compreso in tutta la sua portata
politico-culturale dall'intero corpo docente dei Conservatori e IMP.
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Nascita delle SSIS e valore abilitante: il
braccio di ferro con l'Università
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Ma se la prima tappa di avvicinamento al sistema della
formazione iniziale dei docenti era stata raggiunta, rimanevano comunque
due grossi scogli. Il primo era costituito dalla sperequazione della
durata dei percorsi di studi tra le SSIS-musica (2 anni) e le SDM
(4 anni), le quali, seppur attestate su una certa parità formativa in
termini di numero complessivo di ore di lezione, presentavano un'enorme
diversità sul piano ordinamentale. Il secondo punto dolente era
costituito dalla assenza di una specifica normativa che consentisse
l'avvio di percorsi abilitanti per le "neonate" classi di concorso A077
(strumento nella scuola media).
Il risultato delle pressioni fatte a livello
istituzionale, negli anni a seguire (in pratica sino al 2007), ha avuto
come risultato l'assestamento progressivo (certo non sempre ottimale)
delle SDM alle nuove esigenze ordinamentali. Il passaggio dal
corso quadriennale alla sua possibile quadri-semetralizzazione
(d'invenzione ministeriale?) si colloca appunto tra i tentativi un po'
forzosi (se non brutalmente goffi) di allineare un sistema all'altro.
Ma è finalmente con il famoso DM 137/207 - seppur
sempre "nelle more di …" – che è data la possibilità a Conservatori e
IMP di attivare i bienni abilitanti per entrambi gli indirizzi e
relative classi di concorso A031/32 e A077: o "trasformando" di
fatto le ormai ex SDM, oppure avviando forme di "convenzione" tra
Istituzioni prive di SDM e quelle che invece le avevano in pianta
organica.
Si tratta, come di vedrà, di un passaggio cruciale nella
partita apertasi con l'Università, ma che al contempo farà anche
affiorare (in maniera talvolta drammatica) le contraddizioni interne al
Conservatorio, soprattutto con riferimento alle prerogative formative
relative ai futuri docenti di strumento.
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La
classe A077 |
I bienni ad indirizzo esecutivo/interpretativo (la
cui autorizzazione da parte del MIUR, in via sperimentale, era
chiaramente subordinata al fatto che detti percorsi non avessero
finalità "didattiche") avevano visto nel frattempo una iniziale
impennata d'iscrizioni e una certa "bolla speculativa" in termini
formativi. Complici di ciò: da un lato il desiderio dei già diplomati di
acquisire un titolo di II livello (a fini concorsuali generali ecc.);
dall'altro, la speranza (talvolta colpevolmente ingannevolmente
alimentata) che tale titolo potesse divenire, prima o poi, abilitante
per l'insegnamento di strumento nei futuri Licei musicali. Come è
andata (o meglio, sta andando) a finire, è sotto gli occhi di tutti…
meno di 30 sezioni di liceo musicale vagamente distribuite per lo
stivale (da Cuneo a Modica) secondo non si sa quale criterio (ma a
pensare male forse ci si prende...).
Questo epilogo (più "tragi" che "comico", soprattutto per
le centinaia di studenti indotti a vedere come un miraggio le
possibilità di lavoro nei tanto agognati nuovi licei musicali) dovrebbe
portare le nostre Istituzioni a riflettere molto seriamente su quello
che pare essere il punto nodale di tutta la questione che sta alla base
anche delle scelte che dovrebbero orientare l'attivazione degli
eventuali futuri trienni ad indirizzo didattico: la necessaria
chiarezza in ordine alle finalità formative di qualsiasi percorso
attivabile nel settore artistico-musicale.
Gli stessi Licei musicali, a ben vedere, nascono
male, in quanto risultano confuse (e decisamente poco lungimiranti) le
loro finalità formative, i profili professionalizzanti a cui mirano e,
di conseguenza, la stessa mancata offerta di possibili diversificati
indirizzi (vedi l'appello
promosso dalla SIEM e da molte associazioni del Forum per l'Educazione
musicale). Così l'intero sistema d'istruzione musicale si ritrova in
un ben poco confacente modello "90/60/90", dove i circa 30.000 ragazzi e
ragazze che escono ogni anno dalle SMIM (Scuole ad Indirizzo Musicale)
dovranno fare i conti con la strozzatura costituita dalle 28 sezioni
musicali che è possibile contare ad oggi (vedi
sito MIUR), la quale strozzatura rappresenta non certo la "vita"
(rimanendo alla metafora del modello "90/60/90") dell'istruzione
musicale in Italia ma, casomai, la sua prossima morte! Basta fare due
conti: se ogni sezione potrà contare su 20/25 studenti, e se tutti
proseguiranno negli studi, tra 5 anni (nel 2015) i Conservatori potranno
finalmente "contare" su un accesso ai trienni di ben (!) 600/700
studenti in tutt'Italia, cioè meno di una decina per Conservatorio …
Quanti di questi saranno attirati dai trienni di Didattica? E,
soprattutto, quanti trienni potranno sopravvivere con quei numeri? In un
quadro siffatto verrebbe appunto da dire che interrogarsi sulla
sensatezza o meno di far partire dei trienni di didattica risulta quasi
un esercizio surreale. Ma ci si può provare.
Per fortuna di tutti risulta evidente che, in realtà, la
futura domanda di accesso ai trienni non sarà determinata (se non in
minima parte) dagli istituendi licei musicali (ormai nati
alieni, purtroppo, dalla sezione "coreutica", che avrebbe potuto
costituire la vera novità sul piano artistico-culturale), bensì da
percorsi assai più variegati e spuri. Ma allora perché accanirsi a tal
punto, da parte di alcuni colleghi, sull'idea che i Licei musicali
debbano necessariamente partire in regime di "convenzione" con i
Conservatori (arrivando addirittura ad affermare che a quei licei si
dovrebbero poter iscrivere solo gli attuali studenti dei corsi del
vecchio ordinamento …)? La natura del problema pare essere dunque
radicata in questioni ben più profonde e nevralgiche, che riguardano il
futuro dell'intero sistema dell'AFAM e il suo ruolo formativo nella
società odierna.
Eppur, si muov(r)e?
Istruzioni per l'uso (atto secondo)
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False promesse ... e false partenze: il miraggio dei posti nei licei
musicali |
I contorni fin qui tracciati, delineano il problema
ponendo dunque l'accento sulla questione nodale del rapporto vigente
tra: riflessione generale di tipo socio-culturale in campo artistico
(in particolare con riferimento al ruolo della musica nella società e
nel mercato del lavoro), ruolo e competenze formative del settore
dell'AFAM (e in particolare, naturalmente, dei Conservatori),
progettazione di coerenti e precipui percorsi formativi e, infine,
riorganizzazione delle risorse (umane e strumentali).
Appare del tutto evidente che se si parte dalla fine,
ossia dalla preoccupazione di cosa far fare ai propri docenti (noi), non
si verrà mai a capo di nulla. Ciò non significa ignorare le legittime e
più che giustificate preoccupazioni in merito a organigrammi e difesa di
"ruoli". Ma affinché queste preoccupazioni non finiscano col guastare
l'intero sistema, è necessario avere il coraggio di ribaltare come un
calzino tutta la faccenda, adottando un metodo adeguato alla gravità
della situazione.
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La 508: la sfida culturale |
Il percorso effettuato dai colleghi del DDM-GO (e gli
importanti risultati ottenuti) stanno a testimoniare a mio avviso la
sensatezza della propensione ad adottare un metodo che cerca di porre e
risolvere le questioni (anche le più scottanti) in un ottica di sistema.
Chi ingenuamente ha ritenuto che quei risultati siano stati ottenuti
grazie alla semplice capacità di "fare lobby" (cercandone
magari maldestramente l'emulazione) dimostra di aver capito ben poco.
Ciò che ha infatti mosso e guidato l'azione di molti colleghi di
Didattica è stata anzitutto la rivendicazione di una qualità
formativa dei futuri docenti di musica e, sulla base di quel
presupposto, la messa in atto di un confronto con le istituzioni teso a
dimostrare di meritare il diritto, da parte dei Conservatori, di
concorrere alla costruzione di tale qualità. Ciò significa appunto
anteporre le ragioni formative destinate alle future generazioni alla
mera salvaguardia di propri orti.
È a partire da tali ragioni che andrebbero quindi pensati
e declinati:
a)
obiettivi formativi
(formare perché) e relativi profili professionali (formare per
cosa)
b) articolazione
di contenuti formativi in percorsi
coerenti con quei profili (formare come e sulla base di cosa)
c)
riorganizzazione delle competenze formative possibilmente sulla
base di una pianificazione a livello territoriale (formare con
chi e dove).
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Didattica: se la conosci, non la
eviti |
È su questa base che si è mossa la riflessione in seno al
DDM-GO in merito alla possibilità di attivazione di una formazione di I
livello in "Didattica della musica". Da tale riflessione è scaturito,
nel marzo 2008, l'apposito
documento allegato da cui emerge abbastanza chiaramente la
propensione, in prima battuta, di una soluzione a favore più di una
"curvatura didattica", che non di un vero e proprio apposito triennio.
Di questo documento, evidentemente, si è tenuto conto solo in parte in
seno agli organismi preposti alla formulazione di proposte o pareri di
merito (CNAM, Conferenza dei Direttori ecc.). Quale sia stata la ratio
che ha guidato verso la scelta contenuta nei nuovi ordinamenti (vedi
allegato) non è dato di sapere. Sorge il dubbio che a guidare verso
questa scelta siano stati due pensieri di diversa natura:
Ø
da
un lato, la necessità (sindacale?) di garantire ad ogni scuola
del vecchio ordinamento una qualche forma di sopravvivenza, convertendo
di fatto l'esistente in altrettanti percorsi o, per contro, prevedendone
il superamento mediante la deregulation del vecchio sistema delle SDM,
ancorato alle 5 cattedre di Didattica;
Ø
d'altro lato, l'idea che una formazione di I livello
potesse essere destinata ad educatori/operatori musicali nella prima
infanzia.
In entrambi i casi ipotizzati è facile porre delle
fondate obiezioni.
Rispetto al primo caso si è già detto di come la logica
"manutentiva" rischi di non portare da nessuna parte, se non verso una
rapida agonia del sistema. Anche i tentativi di deregulation sin qui
registrati non sempre sono stati ispirati da una ponderata e saggia
valutazione dei possibili risvolti immediati e a lungo termine. In seno
al DDM-GO si è ampiamente dibattuto circa l'esigenza di un superamento
dell'attuale assetto "dipartimentale" delle SDM. Ma la verità è che non
si è ancora profilato un modello alternativo capace di garantire,
comunque (nel bene e nel male), la coesistenza alla pari, per quanto ora
forzata, di una pluralità di docenze in consigli di corso che si
possano definire tali.
Rispetto alle seconde ragioni ipotizzabili, va osservato
che l'idea semplificatrice per la quale a minore età possa rispondere
minore formazione non può che essere frutto di una totale ignoranza
circa lo sviluppo dei processi cognitivi, psicomotori ed affettivi, la
cui complessità di lettura/interpretazione, in tenera età, richiede
competenze di gran lunga superiori a quelle necessarie a reggere il
confronto con l'adolescente. Del resto è ormai da tempo acquisita (e
peraltro sancita per legge) la "pari dignità formativa" che spetta alla
preparazione di educatori e docenti chiamati ad operare dei diversi
segmenti formativi. A questo principio sarebbe opportuno dunque
mantenersi, per non creare l'ennesimo strappo al sistema.
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Le proposte del DDM-GO |
In questo preciso istante, mentre scrivo, è ancora aperto
e vivo il dibattito sul senso da dare all'eventuale imminente triennio
di Didattica. Stante il
DM 124/2009, nessuna istituzione è tenuta ad avviare tali corsi, ma
è plausibile immaginare che il timore dilagante sia che il non farli
partire possa, in prospettiva, costituire un problema. Ciò pur avendo
presente che, di fatto, il futuro della formazione iniziale degli
insegnanti, per tutte le discipline (anche non musicali) versa in un
limbo totale, dato che lo schema di regolamento è fermo al palo da ormai
quasi un anno e mezzo (cfr.
Schema di Regolamento
sottoposto al primo esame del CdS).
Del resto, sul piano dei numeri degli iscritti/diplomati
le sperimentazioni inizialmente avviate (Alessandria, Bologna, Frosinone
e Trieste), nonché quelle partite più tardi (Novara, poi Trento e
altri), non sono molto incoraggianti. Ma ciò dipende sicuramente dai
problemi strutturali fin qui evidenziati. Il punto è che a partire
dall'a.a 2011/12 dovrebbe andare a regime il nuovo ordinamento. Peccato
che in quest'ottica le limitazioni poste dal legislatore (almeno in
parte) non tengano di nuovo debitamente conto, prima di qualsiasi
progettazione formativa, dell'analisi attenta che meriterebbe il mercato
del lavoro in campo didattico. Solo per fare un esempio di quanto
ampiamente preso in esame nel corso di vari decenni, la mappa delle
possibili professioni in questo campo spazia dall'insegnamento dello
strumento nel settore terziario (in scuole di musica private o di
enti locali, in associazioni no-profit ecc.) ai vari campi della
musicologia applicata (in direzione musicoterapica, per
l'arricchimento dell'offerta culturale presso università del tempo
libero ecc.). Per contro, l'allegato
A del citato DM 124/2009 individua per i futuri corsi triennali in
"Didattica della musica" una generica promessa di "impiego" in qualità
di "operatore musicale nell'ambito di iniziative relative alla
propedeuticità alla musica e allo studio dello strumento".
Ciò chiarito, l'auspicio è che ogni Istituzione possa
compiere le sue scelte su basi più o meno sensate, rispondendo
possibilmente anche alle istanze provenienti dal territorio. Questo a
livello periferico e in virtù della autonomia. Peccato che a
livello centrale però il triennio nasca già un po' viziato nel suo
possibile profilo formativo e che, soprattutto, non siano minimamente
garantiti idonei strumenti di pianificazione
territoriale/extraterritoriale volti all'ottimizzazione dell'offerta
formativa tra locale e nazionale.
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Dalle sperimentazioni all'immediato domani dei possibili trienni di I
livello di "didattica". |
Note al testo
Qui il discorso si dovrebbe fare piottosto lungo. Infatti per
comprendere il senso di questa posizione si dovrebbe avere molto chiari
i criteri che reggono l'ingegneria didattica del sistema dei crediti in
Europa. MA per farla breve, basta considerare che invece di ragionare in
termini rigidi di 3+2, sarebbe corretto ragionare, caso mai, in termini
addizionali di 180 (CFA) + 120 (CFA). Questo cambio di prospettiva
implica maggiore attenzione non solo al dato quantitativo, ma anche a
quello qualitativo, che deve esplicitarsi nell'individuazione delle
caratteristiche richieste da un certo numero di crediti per l'accesso ai
bienni accademici di II livello.
Fino all’entrata in vigore di specifiche norme di riordino del settore,
la legge 22 novembre 2002, n. 268 (art. 6, c. 2) riconosce al diploma di
Didattica della musica valore abilitante per l’insegnamento
dell’educazione musicale nelle scuole e per l’ammissione ai
corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie,
purché congiunto al diploma di istruzione secondaria superiore e al
diploma di Conservatorio
Ricordiamo che sino al 2000, l'attivazione delle Scuole di Didattica
della Musica comportava la messa in pianta organica di 5 diversi
insegnamenti (materie) tra loro parimenti complementari: Pedagogia
musicale, Elementi di Composizione per Didattica,
Direzione di coro e repertorio, Storia della Musica per Didattica,
Pratica della lettura vocale e pianistica. |
note |
marzo 2010
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