La riforma al giro di boa
I trienni a ordinamento, la partenza del Liceo, il riordino dei “corsi di base”
dei Conservatori:
tutto in un anno.
A colloquio
con Emilio Ghezzi, allora direttore del Conservatorio di Parma
e componente del Consiglio direttivo della Conferenza dei direttori dei
Conservatori.
Sergio Lattes –
Messa a ordinamento del triennio, avvio del Liceo musicale, riordino dei “corsi
di base”: i temi si presentano in un unico intreccio. Partiamo dal Liceo, anche
perché tu fai parte di una commissione ministeriale che proprio del Liceo ha il
compito di occuparsi.
Emilio Ghezzi –
La situazione è in movimento,
e non è facile darne un quadro. Dirò intanto il mio punto di vista. I tempi sono
strettissimi: il Liceo dev’essere presentato entro un mese, gli studenti devono
iscriversi entro il 27 febbraio. I dirigenti scolastici regionali dovranno
attivarsi per decidere dove istituire, e su quali requisiti, le previste 40
sezioni di Liceo musicale. In questo mese si dovranno sciogliere molti nodi.
SL
Se ho ben capito ci sono due
commissioni ministeriali.
EG
Ci sono due commissioni e
questo in sé non è un male, anche se non mi è chiara la distribuzione dei
compiti fra le due. Quella di cui faccio parte è nata da un decreto ministeriale
del gennaio di quest’anno, e comprende i direttori dei Conservatori e degli
istituti che hanno tuttora un Liceo derivato dalle sperimentazioni degli anni
’70 (Parma, Milano, Trento, il Liceo di Arezzo, quello di Cuneo, quello di
Lucca. Era coordinata all’inizio dal dr. Dutto (direttore generale degli
Ordinamenti didattici, Ministero dell’Istruzione) e partecipavano altri
funzionari dell’Istruzione.
Il lavoro per verità era cominciato prima, almeno da prima di Natale dell’anno
scorso quando era sembrata imminente la partenza dei Licei musicali addirittura
da quest’anno 2009-10. Ci eravamo messi a lavorare appunto sui requisiti, sul
livello di ammissione, su un’idea di Liceo abbastanza vicina alla nostra
esperienza storica, con una corrispondenza definita fra la formazione
curricolare e quella musicale/strumentale. L’atteggiamento dell’Istruzione era
piuttosto aperto verso questa idea di Liceo, che si discostava in parte dal
progetto Moratti. Dopo l’estate il coordinamento è stato assunto da Bruno
Carioti, presidente della Conferenza dei direttori. La danza si è separata da
questa commissione, seguendo una strada propria.
Da quel momento abbiamo cominciato a lavorare sugli O.S.A., cioè gli obiettivi
di apprendimento già definiti ai tempi di Berlinguer, che in precedenza erano
stati ritenuti immodificabili. Ne è stata fatta una revisione che era
necessaria. Su mia insistenza, vi si è previsto un canale specifico per la
composizione (come percorso ”principale”, in aggiunta ai vari strumenti).
Abbiamo previsto il canto, che non lo era, almeno come possibilità (ferma
restando la delicatezza dell’introduzione del canto in un’età compresa fra i 14
e i 19 anni; alcuni Conservatori hanno fatto delle sperimentazioni in
proposito). Rimane comune a tutti il secondo strumento.
SL
Il Liceo non potrà avere
tutte le specialità presenti in Conservatorio...
EG
La mia idea era che si
potesse attivare un Liceo solo in presenza di almeno 5 o 6 “scuole”, per evitare
casi di solo pianoforte, solo chitarra e simili, che avrebbero reso impossibili
le discipline d’insieme. Comunque devo dire che di requisiti minimi per
l’istituzione, e di offerta formativa minima, non ci siamo più occupati
direttamente. Dovranno per certo essere oggetto di regolamenti ministeriali.
Come pure le norme che dovranno regolare i requisiti di accesso e di uscita
degli studenti, le convenzioni fra Licei e Conservatori, e la definizione delle
sedi. Mi auguro che ci sia un punto di raccordo del lavoro delle due
commissioni, in modo che si possa tener conto del nostro lavoro sugli obiettivi
specifici di apprendimento, cioè sui contenuti.
In sintesi nella nostra elaborazione i canali
dell’apprendimento dovrebbero restare 5: quello caratterizzante (Esecuzione-interpretazione,
o Composizione per chi la sceglie; Teoria della musica (anzichè
Teoria e composizione, per evitare equivoci; e va dal solfeggio alla lettura
al dettato all’educazione dell’orecchio all’analisi); Storia della musica;
Musica d’insieme; Nuove tecnologie (che non sarebbe più solo
opzionale). Il piano-orario che abbiamo proposto indica 2 ore settimanali
(compreso il secondo strumento, e lettura della partitura per i compositori) per
Esecuzione e interpretazione/Composizione; 3 ore settimanali per
Teoria della musica, con diversa ponderazione fra solfeggio e analisi a
seconda dell’anno di corso; 2 ore settimanali per Storia della musica; 3
ore di Musica d’insieme, che comprenderà il coro, la musica da camera,
l’orchestra; 2 ore per Nuove tecnologie. Queste indicazioni orarie
dovrebbero restare immutate lungo tutto il quinquennio del Liceo.
SL
In questo Liceo, in
prospettiva, dovranno essere diciamo così compagni di banco fino ai 18 anni due
tipi di studente: quello che è abbastanza avanti nello studio di uno strumento
da poter fare, dopo la maturità, l’esame di ammissione al triennio in
Conservatorio – quindi prossimo al livello dell’attuale 7° di corso decennale ;
e quello per il quale la musica rimarrà un tratto importante della sua
formazione, e si iscriverà a un’altra facoltà. Il sistema sarà abbastanza
elastico da essere efficiente per entrambi?
EG
Ti rispondo sulla base di una
esperienza di trent’anni: ho presieduto una quindicina di commissioni di
maturità musicale sperimentale. Dopo il secondo-terzo anno di Liceo le
differenze di cui parli in genere sono già evidenti. Ciò che conta è la garanzia
di un livello minimo sufficiente a dare credibilità e dignità alla formazione
musicale, e all’esame relativo, dello studente che andrà poi a fare altro
all’Università. Questo si è quasi sempre rivelato possibile. Gli Obiettivi
specifici di apprendimento del nuovo Liceo sono abbastanza elastici, e non
parlano certo di un repertorio o tanto meno di singoli titoli.
D’altra parte io credo che se a chiunque si può chiedere di
fare una traduzione dal greco alla maturità, anche se non è destinato a fare il
grecista, così chiunque può fare un dignitoso esame di strumento. Quindi questo
livello di dignità va garantito. A maggior ragione, ça va sans dire, sulle
discipline musicali teoriche. Conosco architetti, psicologi e quant’altri che
hanno fatto il nostro Liceo e hanno preso una dignitosa sufficienza all’esame di
strumento e nel corale.
Ci sono poi, nella musica, i casi inversi: quelli che
arrivano alla maturità e sono già molto avanti negli studi musicali, o
addirittura vincitori di concorso. Un Liceo musicale non può non tener conto
delle particolarità di questa formazione, e dell’elasticità che essa richiede.
Ma vengo ora alle questioni più pressanti, che andranno
affrontate nel brevissimo lasso di tempo che separa dall’avvio dei nuovi Licei.
Il primo nodo, assai discusso, è quello del rapporto fra il Conservatorio e i
Licei. Ricordo che la 508 dice che i Conservatori fanno solo l’alta formazione
nel momento del riordino del sistema. Ma quando il sistema si può
intendere pienamente riordinato?
Si potrebbe dire che il sistema ora è riordinato,
anche se magari non ci soddisfa pienamente: c’è un insegnante di musica alle
elementari, ci sono le medie a indirizzo, ci saranno ora i Licei a indirizzo.
C’è chi pensa che a questo punto i Conservatori possano abbandonare la
formazione “di base”. Io non sono d’accordo.
Penso invece che, perfino a costo di modificare la 508, i
Conservatori debbano mantenere l’autorità scientifica sul sistema e quindi sulla
configurazione del curricolo antecedente l’alta formazione. E fare i corsi di
base. Non vedo perché si debba disperdere o duplicare altrove un patrimonio
edilizio, di strutture, di competenze, di storia direi, quando questi sono da
sempre i luoghi naturali di formazione alla musica. Naturalmente i Conservatori
erogheranno titoli per l’alta formazione, e attestati per la
formazione anteriore. Che andrà ripensata.
SL
C’è chi teme che un bel numero di docenti dei Conservatori debba andare a
insegnare nei Licei.
EG
Noi già insegniamo nella fascia d’età del Liceo. Le convenzioni dovranno
rispettare le caratteristiche dello stato giuridico dei nostri docenti.
SL
Questo vuol dire che i Licei
nasceranno solo dove c’è un Conservatorio?
EG
Il testo in discussione alla
Camera dice che le convenzioni con i Conservatori si fanno dove non sono
disponibili le risorse professionali necessarie: quindi i Licei non nascono
esclusivamente appoggiati ai Conservatori. Ci dovranno essere beninteso nuove
classi di concorso, nel frattempo si potrà far ricorso in sanatoria alle
graduatorie della media inferiore o delle magistrali; i nostri diplomati di
Biennio, con un anno di tirocinio, potrebbero essere abilitati all’insegnamento
dello strumento nei Licei. Penso però che in una prima fase le convenzioni
saranno indispensabili.
Personalmente preferirei un rapporto stretto fra Liceo e
Conservatorio, beninteso con il consenso di tutte le componenti (non si può dare
per scontato che tutti i Conservatori siano decisi a farle). D’altra parte sono
trent’anni che a Parma, come del resto a Milano, il Liceo c’è e non ci sono
attriti particolari. Ma il Conservatorio, come dicevo, dovrà svolgere comunque
un ruolo di coordinamento rispetto al territorio, anche quando i Licei saranno a
regime e ci saranno i nuovi docenti. Ricordo che a Parma da anni svolgiamo
sperimentazioni con scuole elementari e medie che coinvolgono 1200 bambini e
ragazzi. Quattro classi di scuola elementare sono arrivate al 5° anno di
sperimentazione, e 100 bambini leggono la musica: per l’Italia un dato
straordinario. Ma non sono, ovviamente, “nostri” iscritti. In futuro questo
ruolo dovrebbe svilupparsi. E il mantenimento dei corsi di base non dovrebbe
certo avvenire solo in convenzione con i Licei: c’è tutta una gamma di casi e di
strumenti per i quali la frequenza del solo Conservatorio è la soluzione
più adeguata. A parte certi strumenti particolari e il canto, penso al
desiderio-diritto di chi vuole studiare musica e fare un altro Liceo,
non-musicale. Oppure studiare da adulto.
Inoltre delle convenzioni con i Licei saranno anche da
valutare i costi, cosa che fino ad ora è stata fatta pochino. Abbiamo provato a
pensarci: costo degli eventuali orari aggiuntivi per i docenti del
Conservatorio; uso e manutenzione degli strumenti; costo delle aule, se le
sezioni del Liceo avranno sede in Conservatorio anche per la parte non musicale.
E non è escluso che, se i docenti di musica dovranno partecipare ai consigli di
classe, questa sia una presenza remunerata, da comprendere anch’essa nella
convenzione. Come dicevo prima, il consenso degli organi di governo e dei
docenti è il presupposto indispensabile, e determinerà anche l’offerta formativa
nelle varie specialità.
Comunque siamo tutti ben coscienti, Ministro compreso, che
il Liceo musicale non è a costo zero. Molto a spanne, penso che una sezione non
costerà meno di 30mila euro l’anno. Ma ricordo che con la riforma vengono a
cessare ben 400 sperimentazioni di vario genere, che libereranno risorse.
SL
Veniamo un momento ai corsi
di base del Conservatorio. A Parma avete elaborato un progetto organico di
riordino.
EG
Ci abbiamo lavorato per anni e, a quanto ne so, il nostro progetto è stato
condiviso, salvo piccole varianti, da almeno una ventina di Conservatori. E’
importante sottolineare che nel progettare i corsi di base abbiamo tenuto conto
degli “obiettivi di apprendimento” già a suo tempo formulati per il Liceo
musicale – quelli di cui parlavo prima – in modo da assicurare una coerenza fra
gli studi in Conservatorio e gli studi nel Liceo. E questo progetto di
formazione di base è certamente più avanzato del vecchio curricolo
conservatoriale: aumenta la musica d’insieme, entrano in tutto il percorso le
nuove tecnologie, aumenta la preparazione musicale a tutto campo: non certo a
scapito della formazione strumentale, ma rivedendone alla radice la qualità, che
non può essere orientata tutta verso il modello sociale e culturale del solista.
E così fornendo così al giovane, in vista dell’accesso al triennio, le basi per
poter affrontare non solo l’alta formazione tradizionale – gli attuali canali
formativi del Conservatorio – ma anche nuovi curricoli in direzione della
popular music, del jazz, delle tecniche di registrazione, dell’educazione
musicale degli adulti, della musicoterapia e quant’altro. Nel primo quinquennio,
intanto che il Liceo comincia a camminare, ci sarà spero un sostanzioso
allargamento e svecchiamento dell’offerta formativa dell’alta formazione, che
tenga conto delle nuove professionalità.
SL
Siamo dunque alla questione
centrale per i Conservatori: il triennio va a regime. Dal 2010?
E, appunto, con quale offerta formativa?
EG
Alla prima domanda: lo spero, è realistico. Stiamo elaborando i percorsi-tipo
per confrontarli in sede nazionale. Il regolamento didattico in bozza è pronto
per il Cnam. Mancano 7/8 passi procedurali (tra Ministero, Cnam e organi di
governo degli istituti), nel giro di 6 o 7 mesi possono essere fatti. Lo scoglio
principale è avere presto pronti tutti i percorsi dei singoli corsi di studio,
per poter presentare l’offerta formativa ai futuri studenti, magari anche in
attesa dell’approvazione definitiva del Cnam. Il 2010 sarebbe in questo caso
l’anno della svolta.
Sulla seconda domanda. All’esordio l’offerta formativa
rappresenta la trasformazione dell’esistente (così il dpr 212/05) e quindi
rispecchierà l’attuale assetto dei Conservatori. Ci sono però alcune eccezioni
già mature: per esempio Trento ha in atto da un paio d’anno un triennio sulla
Popular music, e abbiamo avuto assicurazione che sarà messo a ordinamento.
Molte istituzioni stanno lavorando a percorsi incrociati
con l’Università. Questo è un capitolo importante e complesso. Il curricolo
congiunto è previsto dal Processo di Bologna, ma è ancora lontano sul piano
pratico. Questo non impedisce di fare convenzioni con l’Università, basate sulla
reciprocità. Così stiamo facendo a Parma, con presenza di nostri studenti a
corsi ed esami universitari, e di loro studenti a corsi ed esami nostri. Abbiamo
attualmente una possibilità di scambio fino a 20 crediti all’anno sul curricolo.
E’ uno scambio reciproco, di cui siamo molto soddisfatti, che coinvolge sia
studenti loro che nostri.
Una prospettiva che giudico molto interessante mi è stata
proposta proprio dall’Università di Parma: un percorso comune di 120 crediti, e
poi un anno da noi per completare il triennio del Conservatorio, e un anno
all’Università per conseguire la laurea triennale. In questo modo lo studente
potrebbe ottenere, in quattro anni, entrambi i titoli. E’ una prospettiva molto
credibile per alcuni settori in particolare: quello musicologico, forse quello
scientifico. Per esempio per un percorso fra la composizione e la filologia
(autore di edizioni critiche); un percorso sulla fisica acustica. E per il
futuro non escluderei affatto una figura di strumentista che abbia una
formazione teorica anche universitaria.
Poi si può pensare all’ambito della psicologia; e la stessa
scuola di Didattica potrebbe avvalersi, per la parte generale, di competenze
offerte dall’Università. Come già stiamo facendo per il Biennio di Didattica.
E per il triennio di Didattica, che non sarà abilitante ma
potrebbe avere sbocchi interessanti – formazione per le scuole materne, per
l’educazione degli adulti, per la formazione non scolastica, per la consulenza a
teatri e enti locali - un incrocio di competenze musicali, psicologiche,
didattiche, potrebbe essere una carta importante.
E’ questa, in prospettiva, la vera soluzione del problema
dell’incompatibilità.
SL
A proposito del triennio di
Didattica – la novità vera, per ora - quale rilievo vi avrà lo strumento? Ci
potrà essere una “cannibalizzazione” dei trienni di strumento da parte di quello
di Didattica? E come avete applicato il dm istitutivo per la parte che prevedeva
l’allargamento del consiglio di corso di Didattica a tutti i docenti coinvolti?
EG
Al secondo anno del biennio
abilitante abbiamo allargato il consiglio di corso di Didattica a tutti i
docenti coinvolti negli insegnamenti previsti. Quanto alla presenza dello
strumento, anche se i programmi non saranno identici a quelli del percorso
interpretativo, si deve comunque completare un ciclo formativo di tecnica
strumentale. Un insegnante di musica deve saper suonare uno strumento.
All’accesso del triennio dovrà esserci una verifica specifica, come avviene del
resto già da noi per ogni “scuola”, e non solo relativamente allo strumento. Da
un paio d’anni, agli studenti che non hanno titoli sulla formazione pregressa,
noi facciamo fare un esame di accesso al triennio in 4 prove oltre lo strumento
(o composizione), che si fa per primo ed è precondizione. Sono quelle di storia
della musica, di analisi musicale, di teoria della musica/educazione
dell’orecchio, di pratica pianistica.
Chi passa tutte le prove si iscrive al primo anno del
triennio. Chi ne passa almeno 2 può assolvere i debiti nel primo anno, chi non
ne passa almeno 2 fa un anno propedeutico. Al termine del quale le verifiche sui
debiti devono essere positive. Altrimenti deve rifare l’esame d’ammissione in
toto, strumento compreso.
SL
Pensi ad una regolamentazione nazionale dell’accesso?
EG
Sarebbe la cosa seria da fare. Comunque il regolamento nazionale lascerà una
certa autonomia alle istituzioni, e noi contiamo su questo per mantenere gli
standard che riteniamo necessari. Anche se non pensiamo di ripristinare
repertori, brani e opere prescritti in dettaglio: si può anche portare
l’Appassionata come pezzo d’obbligo, e poi suonarla fermandosi 50 volte. Non è
questo che difende il livello. Anzi rischia di frenare quegli studenti che hanno
un livello di formazione, per esempio, adeguato agli Obiettivi di apprendimento
dell’Associazione Europea dei Conservatori. Il livello non può che essere
definito discorsivamente medio, e comprendere una capacità di espressione
artistica adeguata, la capacità di commentare verbalmente ciò che si suona, un
controllo psico-fisico dell’esecuzione che sia appunto medio.
E’ ovvio che questo discorso porta alla questione della
responsabilità delle singole istituzioni, in un regime di autonomia. Non esiste
legge che possa far diventare seria una istituzione che per caso non lo sia.
SL
Che ne è di quella parte
della 508 che prevedeva la possibilità di accorpare e ridurre il numero delle
istituzioni? Non verrà dalla stessa Conferenza dei direttori un freno a questo
processo, ovvero quale direttore si batterà mai per l’abolizione del proprio
istituto?
EG
Prima o poi sarà da
applicare. Ma io penso che, anziché andare a chiusure d’autorità (come pure si
sono verificate in ambito universitario) sarà molto meglio che arrivi dalle
istituzioni stesse la spinta a razionalizzare in autonomia l’offerta sul
territorio. Per esempio, attraverso i consorzi, che possono essere fatti sia su
base geografica che su affinità di “vocazioni”. Per esempio, collaborando per
evitare i raddoppi inutili: a cosa serve avere due classi di Viola da gamba a
100 km. di distanza? O avere Trombone jazz in quattro istituti della stessa
regione, e Saxofono in nessuno dei quattro? O avere una classe semi vuota e una
parallela strapiena a pochi km. di distanza? Delle irrazionalità indubbiamente
ci sono, molto meglio risolverle “dal basso” in autonomia, che non aspettare la
mannaia centrale che tagli istituti e teste.
SL
In definitiva, ti definiresti
ottimista o pessimista?
EG
Sono ottimista perché mi fido
di alcune istituzioni che stanno lavorando bene. Sono pessimista perché non sono
sicuro che il legislatore avrà la fermezza di sostenere questi standard alti, e
che non andrà a una mediazione con gli istituti che non sono su questi standard.
Come sai, ci sono istituti in cui tende a prevalere una visione che identifica
il triennio col vecchio corso medio, e il biennio col vecchio corso superiore. E
ci sono altre disparità vistose, che mi auguro verranno superate: per esempio
quelle sul valore della prova finale, che in alcuni istituti viene valorizzata
oggi fino a 30 crediti, anziché 7 o 10.
(1 dicembre 2009) |