I quaderni della riforma/Strumentisti
Le risposte di
SIMONETTA HEGER
Nata a Milano, ha studiato nei Conservatori di Milano e Genova con M.Campanella,
S. Lattes, E.Beretta, conseguendo al contempo la maturità classica e
perfezionata con Carlo Bruno, Vincenzo Vitale (tecnica pianistica), Alain
Meunier e Hans R. Stalder (musica da camera).
Allieva per il Clavicembalo di Laura Alvini si è diplomata nel 1991 e
recentemente ha conseguito con il massimo dei voti la laurea specialistica di
Clavicembalo, Clavicordo e Fortepiano al Conservatorio di Torino (docente
Giorgio Tabacco).
E’ docente di pianoforte complementare al Conservatorio di Milano. Svolge
attività concertistica sia come pianista sia come cembalista con concerti in
Italia, Spagna, Svizzera, Belgio, Stati Uniti. Ha inciso per Nuova Era,
Quadrivium, Bel Air Music, Concerto e registrato per varie emittenti
radiotelevisive.
Molti fra i fautori della riforma consideravano
necessaria una migliore formazione musicale dello strumentista al di là dello
studio dello strumento, più di quanto fosse previsto dall’ordinamento del 1930.
I nuovi percorsi comprendono dunque armonia, analisi, storia, e la presenza di
Teoria della musica e di Esercitazioni corali anche nel periodo superiore. Qual
è la tua opinione in proposito?
Sono d'accordo.
Il nuovo assetto didattico prevede che la
competenza dell’insegnamento dello strumento si articoli su più discipline. Per
esempio: Prassi esecutive e repertori (che è il vero e proprio insegnamento
dello strumento), Metodologia dell’insegnamento strumentale, Trattati e metodi,
Letteratura dello strumento, Fondamenti di storia e tecnologia dello strumento,
Tecniche di lettura estemporanea, Improvvisazione allo strumento.
Tutte queste discipline – o meglio quelle che ogni istituzione sceglierà – sono
di competenza dei docenti dello strumento “principale”. Tuttavia è prevedibile
che lo studente le studi sotto la guida di diversi docenti dello stesso
strumento.
Come vedi questa articolazione su più discipline della competenza strumentale?
E come vedi l’ipotesi che i tuoi studenti studino altri aspetti dello strumento
con altri colleghi docenti dello stesso strumento?
Mi
va benissimo; trovo che studiare e confrontarsi con più docenti sia un
arricchimento, aiuta a capire quale è il metodo più adatto a se stessi, e a
superare le eventuali incomprensioni che a volte si creano con il docente
"esclusivo". Inoltre, al livello di studio del corso superiore si è, o si
dovrebbe essere abbastanza maturi da non fare confusione dal punto di vista
tecnico. Inoltre, è positivo sia per il docente che per lo studente occuparsi
degli autori che più si amano e meglio si conoscono.
Quanto al confronto tra colleghi, è tutta salute. Se si ha la coscienza di fare
il proprio lavoro al meglio delle proprie capacità, confrontarsi con qualcuno
che ha più esperienza o che è semplicemente più bravo può solo arricchire.
Uno dei motivi di diffidenza di una parte di non
pochi docenti di strumento verso il curricolo dell’alta formazione è il timore
che lo studio dello strumento possa perdere la centralità che ha
nell’ordinamento del 1930.
Condividi questa proccupazione? Se sì, pensi che questo rischio possa essere
ridotto dalle singole istituzioni nella fase di definizione del proprio
curricolo locale?
Io
vedo che i migliori, le cosiddette "eccellenze", che magari si diplomano a 15
anni, sono perfettamente in grado di gestire contemporaneamente lo studio dello
strumento a livelli altissimi, la scuola superiore, e magari anche lo sport e la
fidanzata. Quindi per loro non è un problema. Per chi eccellente non è, avere
una competenza che non sia esclusivamente strumentale è un vantaggio, non uno
svantaggio.
La musica da camera assume
nel curricolo un ruolo che non vi aveva nell’ordinamento del 1930. Sia come
quantità, sia per la regolare verifica con esami.
Come giudichi questa innovazione dal punto di vista del docente di strumento (se
questo è il tuo caso) e da quello del docente d’insieme (se questo è il tuo
caso)? Potranno generarsi delle “contese territoriali”?
Io
sono al di fuori delle due categorie, ma giudico questa innovazione con questa
frase: ai miei tempi......c'era una sola classe di musica da camera, e ci si
accapigliava per entrarci. Meno male che adesso non è più così. E chi non
vuole che i propri allievi facciano musica nel modo più divertente e
appassionante che c'è non ha tutti i venerdì a posto.
Pensi che le convenzioni fra Conservatori e Licei
per dar vita ai nuovi Licei musicali possano comportare un rischio di
“secondarizzazione” dei Conservatori, o portare a modificare in qualche modo lo
stato giuridico dei docenti?
Da
un lato il controllo sulla formazione di base è positivo, perchè diminuisce il
rischio di abbassare il livello, come invece è successo in molti casi con le
Medie a indirizzo musicale, che dal Conservatorio sono totalmente svincolate.
Inoltre diminuisce il rischio di svuotamento delle classi. Penso però che si
debba stare molto attenti a non lasciare corsi o docenti con allievi nella sola
fascia del Liceo, per non invogliare il Ministero a secondarizzare se non tutto,
almeno un settore dei Conservatori.
(marzo 2010) |