I quaderni della riforma/Strumentisti
Le risposte di
ALESSANDRO DE CURTIS
Alessandro de Curtis
(pianista) sin dall'inizio della sua attività
concertistica si è dedicato al repertorio solistico, suonando anche con numerose
orchestre, formazioni cameristiche e ensembles strumentali italiani per
importanti teatri e società concertistiche italiane ed estere.
Da qualche anno si propone
nella duplice veste di pianista e relatore in recital pianistici monografici.
Collabora stabilmente con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.
È titolare di cattedra - Pianoforte e Storia e analisi del repertorio
- presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Como. Dall’anno accademico
2008/2009 è rappresentante dei docenti nel Consiglio di amministrazione del
Conservatorio di Como.
Molti fra i fautori della riforma consideravano
necessaria una migliore formazione musicale dello strumentista al di là dello
studio dello strumento, più di quanto fosse previsto dall’ordinamento del 1930.
I nuovi percorsi comprendono dunque armonia, analisi, storia, e la presenza di
Teoria della musica e di Esercitazioni corali anche nel periodo superiore. Qual
è la tua opinione in proposito?
Ritengo che la figura odierna del musicista necessiti di una formazione molto
più articolata, e quindi completa, rispetto all’ordinamento del 1930. Aver
inserito corsi nuovi, o più approfonditi, di alcune materie consente di
acquisire una competenza maggiore e più specifica e facilita la ricerca di un
lavoro futuro in ambito musicale.
Altra cosa è invece il modo in cui questi corsi vengono gestiti: lo studente
deve avere la possibilità di gestire senza grossi problemi la frequenza dei
corsi e le ore di studio a casa.
Il nuovo assetto didattico prevede che la
competenza dell’insegnamento dello strumento si articoli su più discipline. Per
esempio: Prassi esecutive e repertori (che è il vero e proprio insegnamento
dello strumento), Metodologia dell’insegnamento strumentale, Trattati e metodi,
Letteratura dello strumento, Fondamenti di storia e tecnologia dello strumento,
Tecniche di lettura estemporanea, Improvvisazione allo strumento.
Tutte queste discipline – o meglio quelle che ogni istituzione sceglierà – sono
di competenza dei docenti dello strumento “principale”. Tuttavia è prevedibile
che lo studente le studi sotto la guida di diversi docenti dello stesso
strumento.
Come vedi questa articolazione su più discipline della competenza strumentale?
E come vedi l’ipotesi che i tuoi studenti studino altri aspetti dello strumento
con altri colleghi docenti dello stesso strumento?
Per prima cosa bisogna cercare di selezionare le discipline e mantenere in vita
solamente quelle indispensabili.
Secondariamente la gestione, da parte di uno studente, di più docenti dello
strumento può essere senz’altro un problema: è necessario una grande chiarezza e
fiducia da parte dello studente e del docente “principale”, bisogna dare delle
priorità senza per questo chiudere le orecchie a suggerimenti utili.
Più facile a dirsi che a farsi, è un rischio da correre da parte di entrambi,
studente e docente.
Uno dei motivi di diffidenza da parte di non pochi
docenti di strumento verso il curricolo dell’alta formazione è il timore che lo
studio dello strumento possa perdere la centralità che ha nell’ordinamento del
1930.
Condividi questa preoccupazione? Se sì, pensi che questo rischio possa essere
ridotto dalle singole istituzioni nella fase di definizione del proprio
curricolo locale?
Lo
studio dello strumento rimane centrale ma non “esclusivo” come prima. Il
problema dell’aggiunta di altre materie è legato al reale tempo che resta allo
studente da dedicare allo studio, frequenza a parte.
Con l’autonomia le singole istituzioni potrebbero apportare eventuali correzioni
necessarie.
La musica da camera assume
nel curricolo un ruolo che non vi aveva nell’ordinamento del 1930. Sia come
quantità, sia per la regolare verifica con esami.
Come giudichi questa innovazione dal punto di vista del docente di strumento (se
questo è il tuo caso) e da quello del docente d’insieme (se questo è il tuo
caso)? Potranno generarsi delle “contese territoriali”?
Ho
insegnato per anni Musica da camera e ho potuto constatare che l’equilibrio con
l’insegnante di strumento è delicato.
Ora insegno Pianoforte e non mi pongo problemi di conflittualità con l’altro
docente.
L’intensificazione dello studio da camera è una priorità per la formazione del
musicista e quindi ben venga. Il reale problema di ”interferenza” da parte di
altri docenti (Musica da camera e altro) è dato soprattutto quando il docente
“principale”, o lo studente, ha dei dubbi sulla competenza musicale del docente
“aggiunto”.
Pensi che le convenzioni fra Conservatori e Licei
per dar vita ai nuovi Licei musicali possano comportare un rischio di
“secondarizzazione” dei Conservatori, o portare a modificare in qualche modo lo
stato giuridico dei docenti?
Non saprei, la messa in atto della riforma è gestita senza un criterio per me
logico.Il ministero ha dilatato i tempi di riforma a dismisura e ha contribuito
a creare problemi più che intervenire e risolvere dubbi con chiarezza. Mi
verrebbe comunque da pensare che non dovremmo perdere la posizione giuridica
attuale.
(marzo 2010) |