I quaderni della riforma/Strumentisti
Le risposte di
FRANCESCO BIRAGHI
Francesco Biraghi,
chitarrista,
è nato a Milano. Diplomatosi con Ruggero Chiesa si è poi perfezionato con Oscar
Ghiglia e Hopkinson Smith. Ha tenuto concerti, soprattutto in formazioni da
camera, in circa cinquanta nazioni ed ha effettuato registrazioni radio-TV,
oltre a masterclass e conferenze nei paesi visitati. Dal 1986 collabora alla
rivista “Il Fronimo” e dal 2004 presenta su Sky-TV“Classica”. Ha inoltre inciso
vari CD e insegna Chitarra dal 2001 al Conservatorio di Milano.
Molti fra i fautori della riforma consideravano
necessaria una migliore formazione musicale dello strumentista al di là dello
studio dello strumento, più di quanto fosse previsto dall’ordinamento del 1930.
I nuovi percorsi comprendono dunque armonia, analisi, storia, e la presenza di
Teoria della musica e di Esercitazioni corali anche nel periodo superiore. Qual
è la tua opinione in proposito?
Ottima: credo sia uno dei punti-cardine della riforma, una delle esigenze che da
più tempo attendevano una soluzione o almeno un tentativo di soluzione.
Il nuovo assetto delle discipline prevede che la
competenza dell’insegnamento dello strumento si articoli su più discipline. Per
esempio: Prassi esecutive e repertori (che è il vero e proprio insegnamento
dello strumento), Metodologia dell’insegnamento strumentale, Trattati e metodi,
Letteratura dello strumento, Fondamenti di storia e tecnologia dello strumento,
Tecniche di lettura estemporanea, Improvvisazione allo strumento.
Tutte queste discipline – o meglio quelle che ogni istituzione sceglierà – sono
di competenza dei docenti dello strumento “principale”. Tuttavia è prevedibile
che lo studente le studi sotto la guida di diversi docenti dello stesso
strumento.
Come vedi questa articolazione su più discipline della competenza strumentale?
E come vedi l’ipotesi che i tuoi studenti studino altri aspetti dello strumento
con altri colleghi docenti dello stesso strumento?
La
vedo piuttosto bene: francamente non ho mai sofferto di forme di gelosia o – men
che meno – di disistima nei confronti dei colleghi, soprattutto a Milano dove lo
“staff” chitarristico funziona a meraviglia. Considero dunque questa
“collaborazione formativa” una straordinaria opportunità per offrire agli
allievi di chitarra del “G.Verdi” esperienze diverse e differenti angolazioni
per risolvere i problemi musicali o strumentali.
Uno dei motivi di diffidenza di una parte di non
pochi docenti di strumento verso il curricolo dell’alta formazione è il timore
che lo studio dello strumento possa perdere la centralità che ha
nell’ordinamento del 1930.
Condividi questa preoccupazione? Se sì, pensi che questo rischio possa essere
ridotto dalle singole istituzioni nella fase di definizione del proprio
curricolo locale?
Sì, penso che questo sia il
nodo principale da sciogliere nella applicazione pratica della riforma. Siamo
tuttavia troppo abituati a considerare “ più bravo” solo chi resiste più ore sul
proprio strumento, sviluppando abilità eccezionali che gli consentano
“performance” straordinarie. E’ naturalmente importante che questa tipologia di
allievi non perda la possibilità di raggiungere l’eccellenza tecnica cui tende,
e perciò si dovrà tarare – caso per caso – con grande sensibilità il carico di
discipline collaterali da assegnare a questi “speciali” allievi per non privarli
della possibilità di eccellere nell’aspetto virtuosistico-strumentale. Tuttavia
non ritengo che un buon musicista sia soltanto chi sta dodici ore seduto su un
panchetto a pestare sui tasti o davanti ad un leggio a tirare l’arco a
crepapelle: e nel nostro Paese abbiamo più bisogno di buoni musicisti che
sappiano cos’è la musica e la sappiano diffondere e divulgare con amore e
cervello, anche se magari non sanno fare una scala a 184 di metronomo o il Moto
Perpetuo di Paganini a quindici semicrome al secondo. Per i record atletici
credo peraltro che ci si possa accontentare delle Olimpiadi ogni quattro anni…
La musica da camera assume
nel curricolo un ruolo che non vi aveva nell’ordinamento del 1930. Sia come
quantità, sia per la regolare verifica con esami.
Come giudichi questa innovazione dal punto di vista del docente di strumento (se
questo è il tuo caso) e da quello del docente d’insieme (se questo è il tuo
caso)? Potranno generarsi delle “contese territoriali”?
Non posso che giudicarla col massimo entusiasmo, essendo da sempre un accanito
propugnatore del “far musica insieme”. E spero proprio che ogni docente, sia
egli “di strumento” o “di insieme”, sia sufficientemente intelligente e saggio
da non considerare l’allievo come una sorta di “proprietà privata” da gestire
con ottusità ed egoismo, blindandolo nel proprio “territorio”.
Pensi che le convenzioni fra Conservatori e Licei
per dar vita ai nuovi Licei musicali possano comportare un rischio di
“secondarizzazione” dei Conservatori, o portare a modificare in qualche modo lo
stato giuridico dei docenti?
Non ho un’opinione precisa in merito. Spero di no, però…
Altro?
Mi
auguro di cuore che il definitivo “passaggio a ordinamento” faccia cessare il
tourbillon di griglie, schede e altre diavolerie del genere che ci stanno
ormai disorientando da anni…
(marzo 2010) |