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DIDATTICA

sei in: DIDATTICA>QUADERNI DELLA RIFORMA/COMPOSITORI>FERRERO

I quaderni della riforma/Compositori


A colloquio con
LORENZO FERRERO


N
ato a Torino nel 1951. Laureato in Filosofia con Gianni Vattimo e Massimo Mila. Insegna al Conservatorio di Milano dal 1981. Autore di opere (Marilyn. Salvatore Giuliano, Charlotte Corday. La Conquista) e di musica sinfonica e da camera. Ha scritto "Manuale di scrittura musicale" e tradotto e curato "Lo studio dell'orchestrazione" di Samuel Adler. Attualmente è anche consigliere di amministrazione e vicepresidente della Siae.
Insegna composizione al Conservatorio di Milano.

 

Sergio Lattes - Comincio con una domanda "facile". A che cosa serve il corso di Composizione?

Lorenzo Ferrero - A formare professionalità adatte ad affrontare vari mestieri, di cui al giorno d’oggi il modello che di seguito definisci compositore-per-la-sala-da-concerto (o per il teatro d’opera) rappresenta una parte direi quasi residuale, non tanto per il fatto che non costituisca la più probabile e alta aspirazione, ma perché, se devo giudicare dai compositori di un certo successo sotto i quarant’anni, non è più un tratto esclusivo, ma si accompagna ad altre attività più o meno direttamente compositive, mentre si assiste al drastico ridimensionamento della docenza come fonte di reddito collaterale ma sicura.

SL Quali sono secondo te la funzione e il peso delle tecniche “storiche” nella formazione dello studente di composizione?

LF Alla luce di quanto sopra, e di quanto approfondiremo in seguito, la risposta è perentoria: le tecniche storiche sono assolutamente essenziali, mentre le tecniche sperimentali “contemporaneee” lo sono nella stessa misura e forse minore utilità delle tecniche jazzistiche, di registrazione, cinematografiche e quant’altro. Insomma a mio avviso va ribaltata quella che è stata fino a tempi recenti l’idea di formazione, soprattutto legata ai corsi cosiddetti sperimentali.
Va detto tuttavia con altrettanta chiarezza che l’insegnamento delle tecniche “storiche” così come è stato per lungo tempo concepito dai corsi “tradizionali” va profondamente rivisto, anche dal punto di vista dei libri di testo. Le tecniche “storiche” dovrebbero far parte di un “sapere” concreto, di mestiere, oggi in gran parte disperso e da recuperare. Se guardiamo a lavori come il cinema risulta perfino privo di senso definire “storiche” certe tecniche.  

SL Esiste nel mondo del lavoro e delle professioni una “domanda” di competenze compositive al di là di quelle rappresentate dal modello del compositore-per-la-sala-da-concerto? Se sì, come si dovrebbe farvi fronte?

LF Il nuovo decreto, seppure ancora genericamente, indica alcune direzioni, oltre alla musica da concerto e per il teatro musicale, che sono l’arrangiamento, la trascrizione, l’improvvisazione, la musica di scena, ma dovrebbe essere più esplicito nel parlare di musica per film, per la pubblicità, per sottofondi (tra l’altro i “sottofondisti” sono personaggi il cui grado di anonimato è inversamente proporzionale ai guadagni), per videogiochi, per suonerie, per la “produzione” (una sorta di consulenza) della musica leggera o popolare che dir si voglia, tanto per stare ai mestieri in cui concretamente si scrive musica. Poi ci sono i mestieri in cui le competenze compositive rimangono fondamentali, come l’assistenza a programmi televisivi e radiofonici, i rilevamenti Siae, per passare ad ambiti più ampi, come l’organizzazione musicale e quant’altro.

SL Appare molto probabile che il triennio vada “a regime” con il 1° novembre 2010. Cito qui gli obiettivi formativi e gli sbocchi occupazionali come definiti dal nuovo decreto sugli ordinamenti:

Obiettivi formativi: al termine degli studi relativi al Diploma Accademico di primo livello in Composizione, gli studenti devono aver acquisito competenze tecniche e culturali specifiche tali da consentire loro di realizzare concretamente la propria idea artistica. A tal fine sarà dato particolare rilievo allo studio delle principali tecniche e dei linguaggi compositivi più rappresentativi di epoche storiche differenti. Specifiche competenze devono essere acquisite nell’ambito della strumentazione, dell’orchestrazione, della trascrizione e dell’arrangiamento. Tali obiettivi dovranno essere raggiunti anche favorendo lo sviluppo della capacità percettiva dell’udito e di memorizzazione e con l’acquisizione di specifiche conoscenze relative ai modelli analitici della musica ed alla loro evoluzione storica. Al termine del Triennio gli studenti devono aver acquisito una conoscenza approfondita degli aspetti stilistici, storici ed estetici generali e relativi allo specifico ambito compositivo. Al termine degli studi, con riferimento alla specificità del corso, lo studente dovrà possedere adeguate competenze riferite all’ambito dell’improvvisazione. E’ obiettivo formativo del corso anche l’acquisizione di adeguate competenze nel campo dell’informatica musicale nonché quelle relative ad una seconda lingua comunitaria.

Prospettive occupazionali. Il corso offre allo studente possibilità di impiego nei seguenti ambiti:
- Composizione musicale
- Trascrizione musicale
- Arrangiamento musicale

Qui invece la declaratoria del settore disciplinare “Composizione” come definita dal nuovo decreto sui settori disciplinari:

Il settore si occupa degli aspetti compositivi in musica, comprendendo sia l’accezione della composizione originale, sia quella dell’elaborazione, della trascrizione, dell’arrangiamento e dell’improvvisazione. In particolare mira a sviluppare, attraverso l’analisi e l’esercizio compositivo, le competenze storico-stilistiche e linguistiche in campo melodico, ritmico, armonico, contrappuntistico, timbrico, nonché le competenze tecnico-espressive relative all’uso della voce e di ogni organico strumentale anche abbinato all’elettronica. Fondamentale aspetto di questo settore è lo studio delle forme compositive e delle tecniche della comunicazione musicale.

E qui i campi disciplinari relativi al medesimo settore:

  • Composizione
  • Analisi compositiva
  • Tecniche contrappuntistiche
  • Elaborazione, trascrizione e arrangiamento
  • Sistemi armonici
  • Forme, sistemi e linguaggi musicali
  • Strumentazione e orchestrazione
  • Tecniche compositive
  • Tecniche dell'improvvisazione

n.b.: oltre al settore disciplinare “Composizione” sono presenti i seguenti altri settori: “Composizione musicale elettroacustica”, “Composizione per la musica applicata alle immagini”, “Composizione polifonica vocale”, “Composizione jazz”, “Strumentazione e composizione per orchestra i fiati”.

Alla luce di queste definizioni, entro le quali ogni istituzione dovrà “disegnare” il proprio triennio, come ti piacerebbe che fosse quello del tuo istituto? 

LF Direi che i campi disciplinari indicati, se si comprendono anche quelli del n.b. sono quelli essenziali, anche se la loro formulazione risente di definizioni superate, legate al vecchio sistema. Quindi il punto è dare concreta sostanza alle formulazioni. Ad esempio “Composizione musicale elettroacustica” vuol dire fare i nipotini dello Stockhausen anni ‘50, o avere consapevolezza della ripresa sonora, padronanza della videoscrittura musicale, ecc.? Io già lo dividerei in “Tecniche di registrazione” e “Informatica musicale” lasciando la composizione elettroacustica, ammesso che ancora esista come tale ad approfondimenti del biennio. E ancora: “Tecniche contrappuntiche” non mi dice di per sé se si tratta di una informativa storico-pratica basata sulle astrazioni di scuola francese ottocentesca o dell’apprendimento di tecniche utili nel concreto. Mi chiedo anche se non sia tempo ormai di dare cittadinanza al rock-pop, e mi domando se il generico “musica applicata alle immagini” esaurisce le specificità dei vari campi di applicazione. A parte questo,  secondo me è sempre più importante fornire agli studenti anche gli strumenti per comprendere come si può organizzare una “carriera”: dalla consapevolezza del diritto d’autore, dei diritti connessi, del diritto contrattuale, alle pubbliche relazioni e relativi strumenti vecchi e nuovi (stampa, internet).

SL Quali prospettive di lavoro potrebbe avere un diplomato di primo livello?

LF Premesso che se uno vuole comporre non ha necessariamente bisogno della patente, oggi sempre meno conta il titolo di studio e sempre più il curriculum. In teoria quindi la risposta è qualunque mestiere connesso con la composizione, a condizione che a) uno si arrangi per conto suo per farsi il curriculum, b) – molto meglio – che il Conservatorio gliene dia l’occasione grazie all’accesso facilitato a varie forme di praticantato, facendo da catalizzatore della domanda del mercato (il cosiddetto “placement” all’americana). Concretamente credo che non sia un problema di nome del lavoro (mentre, mettiamo, negli studi giuridici il primo livello dà accesso solo al cancellierato, e il secondo livello agli esami per avvocato o per magistrato), quanto il grado di responsabilità che viene attribuito: per dire, non ti daranno una colonna sonora, ma solo lo sviluppo dei sottofondi meno importanti e qualche arrangiamento, non ti daranno la “produzione” di un disco pop, ma un posto da assistente, ecc.

SL E se questo è il triennio, come ti piacerebbe che fosse articolato il biennio superiore (indirizzi, obiettivi, contenuti...)

LF Il mestiere di compositore, che nei casi più fortunati può dare accesso a livelli retributivi molto alti, è un mestiere altamente specializzato e altamente consapevole. Per cui non si può dire che il secondo livello debba avere materie in sé e per sé diverse dal primo. Ovviamente si tratterà di approfondimenti, di tecniche particolari, di discipline collaterali (etnomusicologia, per dirne una), nonché di tutte quelle materie culturali che possono dare al mestiere una prospettiva consapevole sul piano storico ed estetico.

SL La domanda che avresti desiderato:

LF Se mi piace la riforma. Temo di no. Stiamo parlando di un mestiere fortemente artigianale in tutte o quasi le sue applicazioni. La pura e semplice trasposizione del modello universitario mi pare una enorme sciocchezza, e trova difficilmente riscontro nei maggiori centri di formazione europei. Tra l’altro, molte delle discipline universitarie che richiedono una esperienza sul campo (che attualmente i conservatori riformati non garantiscono), prevedono una successiva “pratica”, come quella, di almeno un anno, che fanno gli avvocati prima di poter accedere alla professione. Un modo di togliersi dai guai potrebbe essere quello di garantire un insegnamento (e un insegnante) “aggregante” che segua l’allievo dall’inizio alla fine, e che lo sappia indirizzare verso le materie aggiuntive che vede più adatte al profilo professionale che nel corso del tempo l’allievo va manifestando. A scanso di equivoci non identifico questa figura nel vecchio “professore di composizione”. E’ una professionalità che va a sua volta ri-formata, e seriamente. Al momento, lo dico con dispiacere, l’unica pratica che l’allievo incontra è l’improvvisazione, e non in senso musicale...

(dicembre 2009)

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