I quaderni della riforma/Compositori
A colloquio con
MAURO BONIFACIO
Compositore e direttore
d’orchestra, ha studiato Pianoforte e Composizione al Conservatorio G. Verdi di
Milano e Direzione al Verein Wiener Musikseminar. Insegna Lettura della
partitura presso il Conservatorio di Milano ove – dal 2000 – è anche
responsabile del Laboratorio di Musica Contemporanea. Ha tenuto Master Class di
Composizione presso Accademie e Istituzioni italiane. Le sue composizioni
cameristiche e sinfoniche sono state commissionate da molti importanti Festival
europei. Invitato da numerose istituzioni ha diretto in prima esecuzione le
opere di vari autori, dedicandosi specificamente alla letteratura del Novecento
e a quella contemporanea.
Sergio Lattes - Una domanda "facile": a che
cosa serve il corso di Composizione?
Mauro Bonifacio La
domanda ovviamente… è tutt’altro che facile. La si potrebbe intendere in senso
assoluto, come sintesi, cioè, di domande quali: ha ancora un senso il modello
di compositore che attualmente viene formato in un’Accademia musicale? C’è
ancora, oggi, un ruolo sociale per questo modello? E’ ancora valida la figura di
un compositore-ricercatore, forse raffinato e tecnicamente preparato, ma con le
armi spuntate sul piano della comunicazione-diffusione del proprio lavoro?
Dobbiamo aspettarci che la società (pubblico) cambi o sarà la figura del
compositore a dover mutare la propria rotta? In tal senso non ho una
risposta certa. Misurare il peso o il ruolo del compositore nella società
attuale (così come, per i contemporanei, in tutte le società che ci hanno
preceduto) è molto difficile. Dalla nostra ottica non è possibile valutare con
equità: qui vale la massima libertà d’espressione e dovrà entrare in gioco una
selezione che avrà bisogno di tempo per affiorare. Preferisco allora leggere la
domanda in modo meno problematico e dare per ora questa risposta, tra le tante
possibili: il corso di Composizione, in un’Accademia, serve a trasmettere alle
giovani generazioni un sapere tecnico-estetico, orientato storicamente, affinché
possano scegliere liberamente in che modo essere compositori e musicisti del
proprio tempo.
SL Quali devono essere secondo te la funzione e il peso delle tecniche
“storiche” nella formazione dello studente di composizione?
MB Credo che lo
studio di una qualunque disciplina artistica – quindi anche l’esercizio della
creatività tout-court, riferito alla composizione musicale – debba passare
necessariamente attraverso l’esposizione a stili e tecniche del nostro passato.
Mi riesce difficile pensare a un apprendistato basato sull’esclusione – totale o
parziale – delle nostre radici culturali. Studiare le opere e le tecniche
storiche, trovare nuove relazioni creative o interpretative, tra noi e il nostro
patrimonio genetico: solo così possiamo essere compositori di oggi e, ora più
che mai, solo attraverso questo percorso di conoscenza saremo in grado di
leggere il presente.
SL Esiste nel mondo del lavoro e delle professioni una “domanda” di
competenze compositive al di là di quelle rappresentate dal modello di fruizione
della sala da concerto? Quali, e come si dovrebbe farvi fronte?
MB Per ciò che riguarda la creatività, si
potrebbero citare prima di tutto la composizione e la produzione musicale per i
media: dal cinema ai videogame, da internet alla suoneria per i telefoni
cellulari, dalla radio ai gadget elettronici. E poi tutti gli ambiti differenti
dalla sala da concerto, appunto, come installazioni, esposizioni d’arte, musiche
per ambienti. E’ noto come un producer per una sala di registrazione, ad
esempio, debba saper leggere una partitura allo stesso livello di un
compositore-direttore d’orchestra. Qualcosa in queste direzioni i Conservatori
dovrebbero attrezzarsi a fare attraverso corsi, masterclass e laboratori di
ricerca e produzione dedicati. Altri settori ove le competenze compositive
risultano della massima importanza sono didattica, musicologia, saggistica,
giornalismo, editoria, management artistico a tutti i livelli.
SL Appare molto probabile che il triennio vada “a regime” con il 1°
novembre 2010. Trascrivo qui gli obiettivi formativi e gli sbocchi occupazionali
come definiti dal nuovo decreto sugli ordinamenti:
Obiettivi formativi: al termine degli studi
relativi al Diploma Accademico di primo livello in Composizione, gli studenti
devono aver acquisito competenze tecniche e culturali specifiche tali da
consentire loro di realizzare concretamente la propria idea artistica. A tal
fine sarà dato particolare rilievo allo studio delle principali tecniche e dei
linguaggi compositivi più rappresentativi di epoche storiche differenti.
Specifiche competenze devono essere acquisite nell’ambito della strumentazione,
dell’orchestrazione, della trascrizione e dell’arrangiamento. Tali obiettivi
dovranno essere raggiunti anche favorendo lo sviluppo della capacità percettiva
dell’udito e di memorizzazione e con l’acquisizione di specifiche conoscenze
relative ai modelli analitici della musica ed alla loro evoluzione storica. Al
termine del Triennio gli studenti devono aver acquisito una conoscenza
approfondita degli aspetti stilistici, storici ed estetici generali e relativi
allo specifico ambito compositivo. Al termine degli studi, con riferimento alla
specificità del corso, lo studente dovrà possedere adeguate competenze riferite
all’ambito dell’improvvisazione. E’ obiettivo formativo del corso anche
l’acquisizione di adeguate competenze nel campo dell’informatica musicale nonché
quelle relative ad una seconda lingua comunitaria.
Prospettive occupazionali. Il corso offre allo
studente possibilità di impiego nei seguenti ambiti:
-
Composizione musicale
- Trascrizione musicale
- Arrangiamento musicale
Qui invece la declaratoria del settore disciplinare “Composizione” come definita
dal nuovo decreto sui settori disciplinari:
Il settore si
occupa degli aspetti compositivi in musica, comprendendo sia l’accezione della
composizione originale, sia quella dell’elaborazione, della trascrizione,
dell’arrangiamento e dell’improvvisazione. In particolare mira a sviluppare,
attraverso l’analisi e l’esercizio compositivo, le competenze
storico-stilistiche e linguistiche in campo melodico, ritmico, armonico,
contrappuntistico, timbrico, nonché le competenze tecnico-espressive relative
all’uso della voce e di ogni organico strumentale anche abbinato
all’elettronica. Fondamentale aspetto di questo settore è lo studio delle forme
compositive e delle tecniche della comunicazione musicale.
E
qui i campi disciplinari relativi al medesimo settore:
-
Composizione
-
Analisi compositiva
-
Tecniche
contrappuntistiche
-
Elaborazione,
trascrizione e arrangiamento
-
Sistemi armonici
-
Forme, sistemi e
linguaggi musicali
-
Strumentazione e
orchestrazione
-
Tecniche compositive
-
Tecniche
dell'improvvisazione
n.b.:
oltre al settore disciplinare “Composizione” sono presenti i seguenti altri
settori: “Composizione musicale elettroacustica”, “Composizione per la musica
applicata alle immagini”, “Composizione polifonica vocale”, “Composizione jazz”,
“Strumentazione e composizione per orchestra di fiati”.
Alla luce di queste definizioni, entro le quali ogni istituzione dovrà
“disegnare” il proprio triennio, come ti piacerebbe che fosse quello del tuo
istituto?
MB Darò una risposta solo per linee
generali. Potrebbe essere logico che ogni istituzione partisse, prima di tutto,
dalla propria storia specifica, cioè dalla valorizzazione delle migliori
“scuole” eventualmente presenti, quelle che danno frutti musicali da diversi
anni, che lì sono radicate e riconosciute da tempo e saranno in grado di
comunicare il senso della continuità di una linea didattica o di un pensiero
artistico. Accanto a questa offerta dovranno essere tuttavia affiancate nuove
prospettive didattiche che – insieme alle precedenti – facciano però parte di un
progetto complessivo, che possa costruire un’immagine seriamente riconoscibile
di quell’istituzione. Ad esempio, per rimanere nell’ambito delle declaratorie o
degli obiettivi formativi citati, tecniche come arrangiamento o
improvvisazione – riferendosi a campi non propriamente classici o non
tradizionalmente relazionati ai percorsi didattici delle Accademie-Conservatori
– presuppongono professionalità, e quindi docenti, specificamente individuati.
Un’istituzione potrebbe allora occuparsi marginalmente di tali campi
disciplinari oppure, al contrario, laddove ve ne fossero le condizioni,
collocarli al centro della propria offerta didattica compositiva, puntando a
divenire un centro d’eccellenza in tali ambiti.
SL Quali prospettive di lavoro potrebbe avere un diplomato di primo
livello?
MB Pensando al lavoro compositivo vero e
proprio e al mestiere del compositore, in senso generale, la conclusione del
Triennio rappresenta la prima tappa di un apprendistato che potrebbe richiedere
tempi più lunghi. Sia per questa scelta che per le prospettive professionali già
elencate al punto 3 sarà necessario, comunque, confrontarsi con un periodo,
anche pluriennale, di lavoro sul campo che il Conservatorio attualmente
non è in grado di offrire e che potrebbe essere invece avviato nel Biennio.
SL E se questo è il triennio, come ti piacerebbe che fosse articolato il
biennio superiore (indirizzi, obiettivi, contenuti...)
MB Proseguendo il ragionamento: collegamento con teatri, istituzioni,
associazioni, enti di produzione musicale, solisti, ensemble e orchestre. In
altre parole, tutto ciò che sarà orientato ad offrire occasioni di
collaborazione ai giovani compositori (ma la stessa cosa vale naturalmente per
gli strumentisti, i cantanti, i compositori o i musicologi). Nel Biennio sarà
necessario, a mio avviso, spostare decisamente l’ago della bilancia verso la
professionalità e quindi l’apertura verso il mondo
esterno.
SL
La domanda cui avresti desiderato rispondere:
MB Un’ultima osservazione ritornando al
problema iniziale e a ciò che poteva celarsi dietro la prima domanda: a che cosa
serve il corso di Composizione? Oggi, anche per le professioni più diffuse e
richieste, il rapporto diretto tra l’obiettivo formativo universitario e la
reale figura professionale operativa nella società, si è molto ridotto. Parecchi
ingegneri o laureati in varie discipline non esercitano un mestiere inerente o
conseguente alla propria formazione, e chi lo sa che cosa ci riserverà il
futuro... Per la musica, quindi, come per tutte le discipline artistiche, sarà
ancora più difficile mantenere vivo tale rapporto diretto.
Tuttavia, nuove professioni e altre tecnologie sono alle porte. Nuovi e altri
modi di essere compositori di musica si delineeranno. Ogni riforma della scuola,
considerata in tal senso, nasce già vecchia. Probabilmente ci sarà bisogno –
come sempre – dell’uno e dell’altro: l’utopia di una libera creatività, anche la
più sperimentale e tecnicistica, e un occhio alla comunicazione o al mercato.
Queste qualità vivranno in figure diverse o convergeranno in un solo modello di
compositore? Varrà ancora il talento individuale o si farà strada un talento
“collettivo” distribuito in una velocissima rete informatica? Come sempre la
figura professionale nascerà da una base tecnica, un sapere acquisito
all’interno del laboratorio accademico e sviluppato attraverso le occasioni di
produttività sul campo che la società sarà in grado di offrire al
compositore.
Ecco perché la scuola di Composizione farà bene a mantenere alto il profilo,
secondo la propria migliore storia e tradizione, aprendosi lungo il percorso
formativo a quelle interazioni con le realtà di produzione e diffusione musicale
senza le quali ogni tentativo di riforma, per quanto valido, sarà destinato a
rimanere incompiuto.
(gennaio 2010) |